STORIA DEL PRINCIPE ZEYN ALASNAM E DEL RE DEI GENII
Un re di Bassora
possedeva grandi ricchezze, ed era amato dai suoi sudditi: ma non aveva
prole, e ciò l’affliggeva molto. Avendo all’uopo adoperato ogni cura di
medici e periti, la regina divenne finalmente incinta e con molta
felicità partorì un maschio, il quale fu nominato Zeyn Alasnam, cioè a
dire l’ornamento delle statue.
Il re fece adunare tutti gli astrologhi del
suo Regno, ed ordinò loro che gli traessero l’oroscopo del suo
fanciullo.
Scoprirono essi dalle loro osservazioni, che
vivrebbe lungo tempo, che sarebbe coraggioso, ma che avrebbe bisogno di
grande animo per sostenere con costanza le disgrazie di che sarebbe
minacciato.
Il re non restò spaventato da questo
presagio.
[356]
Vedendosi ridotto al punto di morte, chiamò a sé il suo figliuolo, e fra
le altre cose raccomandogli, di farsi amare piuttosto che temere dal suo
popolo.
Appena il re fu morto,
il principe Zeyn vestissi a lutto.
Passato il lutto però, il giovane re
s’immerse in ogni sorta di piaceri con molti giovani voluttuosi coi
quali e colle sue favorite rese quasi esauriti i suoi tesori.
Sua madre la regina,
viveva ancora ed era una principessa savia e prudente. Essa aveva più
volte procurato, sebbene inutilmente, di fermare il corso delle
prodigalità e dei piaceri del re suo figliuolo, rappresentandogli che se
egli non mutava condotta, non solamente avrebbe dissipate le sue
ricchezze, ma avrebbe eziandio alienato da lui lo spirito de’ suoi
popoli, cagionando una rivoluzione.
Poco mancò che quanto essa aveva preveduto
non accadesse; poiché i sudditi principiarono a mormorare contro il
governo, e le mormorazioni loro sarebbero state seguite da una generale
ribellione, se la regina non avesse avuta la destrezza di prevenirla.
Ma questa principessa, informata della
sinistra disposizione delle cose, ne fece avvertito il re il quale
finalmente lasciossi persuadere, affidando l’amministrazione del suo
regno a certi Visir dei più assennati e prudenti, i quali seppero
contenere i sudditi nel loro dovere.
Una notte vide in sogno un vecchio
venerabile, il quale avanzossi verso di lui, e dissegli:
— O Zeyn, sappi che non vi è dispiacere il
quale non sia seguito da qualche allegrezza, non essendovi disgrazie che
dietro a sé non portino qualche felicità. Se tu vuoi vedere il fine
della tua afflizione, alzati, incamminati verso l’Egitto e vanne al
Cairo ove una grande fortuna ti attende!
Risvegliandosi il principe restò penetrato da
questo sogno. Ne parlò con gran sincerità alla regina sua madre. Il
principe lasciolle la condotta del Regno; partì una notte con molta
segretezza dal palazzo, ed incamminossi verso il Cairo.
Dopo molto stento e gran pena giunse in
quella famosa città, la quale ha poche simili nell’universo, tanto per
grandezza, come per bellezza. Scese alla porta di una moschea, ove
sentendosi oppresso da stanchezza, coricossi. Appena addormentato ei
vide lo stesso vecchio il quale dissegli:
[357] — O
figliuol mio, io sono contento di te, perché hai prestata fede alle mie
parole. Vedo che hai coraggio e costanza. Tu ben meriti che io ti renda
il più ricco ed il più felice di tutti i principi della terra: però
ritornatene a Bassora e nel tuo palazzo ritroverai immense ricchezze.
Il principe non restò
molto appagato di questo sogno.
Ripigliò adunque la strada del suo regno, e
giunto che vi fu, la regina ricercogli se ritornava contento.
Esso narrogli quanto gli era accaduto, e
parve tanto accorato di esser stato troppo credulo, che la principessa
lo consolò.
— Tralasciate di affliggervi, o mio caro
figliuolo — gli disse — se il cielo vi destina ricchezze, senza pena le
acquisterete. Applicatevi a render felici i vostri sudditi, e formando
la loro felicità assicurerete la vostra.
Il principe Zeyn giurò di seguire
nell’avvenire tutti i savi consigli di sua madre e quelli degli
assennati vecchi Visir, de’ quali aveva fatto la scelta per aiutarlo a
sostenere il peso del governo. Ma nella prima notte che fu ritornato nel
suo palazzo vide in sogno per la terza volta il vecchio, il quale
dissegli:
— O coraggioso Zeyn, è giunto finalmente il
tempo in cui i tuoi voti siano esauditi. Domani mattina, appena alzato
dal letto, piglia una zappa e va’ a scavare nel gabinetto del re tuo
padre. Tu vi scoprirai un gran tesoro.
Il principe appena risvegliato alzossi, e
fattosi dare una zappa, entrò solo nel gabinetto del defunto re suo
padre.
Messosi a zappare, levò più della metà delle
lastre di pietra del pavimento. Continuò il suo lavoro e non ebbe
cagione di pentirsene; imperocché scoperta all’improvviso una pietra
bianca, l’alzò, ritrovandovi sotto una porta su cui stava appeso un
catenaccio di acciaio: spezzatolo a gran colpi di zappa aprì la porta,
la quale dava adito ad una scala di marmo bianco.
Accese subito una candela, e discese per
quella scala in una camera lastricata di porcellana della China, le cui
pareti e le cui soffitta erano di cristallo. Ma fermossi particolarmente
a riguardare quattro strati, sopra ognuno dei quali vi stavano quaranta
urne di porfido.
Accostossi ad una di quelle urne, ne levò il
coperchio, e con altrettanta sorpresa e giubilo vide che eran piene di
piastre d’oro. Visitò le quaranta urne
[358] le une dopo le altre, e piene
ritrovolle di zecchini d’oro, dei quali pigliò un gran pugno e portolli
alla regina sua madre. Questa principessa restò stupefatta.
— O figliuol mio — esclamò essa — badate bene
a non dissipar pazzamente tutte queste ricchezze come già avete fatto
del tesoro reale, affinché i vostri nemici non abbiano cagione di
goderne.
— No, o signora — rispose Zeyn —
nell’avvenire vivrò in modo che non avrete se non a lodarvi di me.
Zeyn fecela entrare nella camera ov’erano le
urne.
Guardò essa tutto questo con occhio curioso,
ed osservò da una parte una piccola urna non ancora scoperta dal
principe, che la pigliò, ed apertala vi ritrovò dentro una chiave d’oro.
— Figliuol mio — disse la regina — questa
chiave rinchiude senza dubbio qualche nuovo tesoro. Indaghiamo
dappertutto.
Esaminarono essi con una estrema attenzione
le camere e finalmente ritrovata una serratura nel mezzo di un
lastricato, giudicarono che quella s’aprisse con la chiave che avevano.
Il re ne fece subito l’esperienza ed
immantinente aprissi una porta e presentossi al loro sguardo un’altra
camera, nel mezzo della quale eranvi nove piedestalli di oro massiccio,
otto de’ quali sostenevano otto statue composte di un sol diamante, le
quali tramandavano tanto splendore, che la camera restava tutta
illuminata.
— Oh cielo! — esclamò tutto sorpreso Zeyn —
ove mai mio padre ha potuto ritrovar cotante belle statue? Il nono
piedestallo accrebbe il suo stupore, perocché aveva sopra una pezza
bianca di zendado con le seguenti parole:
«O figliuol mio caro!
L’acquisto di queste otto statue mi ha costato gran pena: ma ancorché
siano di una singolare bellezza, sappi che ve ne è una nona
nell’universo, che di gran lunga la supera. Vale quella molto più da sé
sola, che tutte queste insieme che tu vedi. Se brami fartene possessore,
vanne nella città del Cairo in Egitto, ove sta uno dei miei antichi
schiavi chiamato Mobarec, che non durerai molta fatica a riconoscere. La
prima persona che incontrerai, t’insegnerà il suo soggiorno. Vanne a
ritrovarlo e digli tutto ciò che ti è accaduto. Egli ti riconoscerà per
mio figliuolo, e ti condurrà fino al luogo ove giace la statua
meravigliosa che potrai acquistare.»
[359] Il
principe, dopo aver lette queste parole, disse alla regina:
— Non voglio star senza questa nona statua,
che dev’essere un’opera molto rara; giacché tutte queste insieme non
valgono il prezzo di quella. Voglio in questo punto partire per il gran
Cairo. Non credo, o signora, che vogliate opporvi alla mia risoluzione.
— No, o figliuol mio — rispose la regina.
Il principe fece preparare il suo equipaggio,
e come fu giunto al Cairo, ricercò notizie di Mobarec.
Fugli detto che era uno dei più ricchi della
città, che viveva da gran signore, che la sua casa stava particolarmente
aperta ai forestieri.
Zeyn si fece condurre, e picchiato alla
porta, uno schiavo gli aprì e gli disse:
— Che bramate, e chi siete?
— Io sono forestiero — rispose il principe —
avendo udito discorrere della generosità del signor Mobarec, me ne vengo
ad albergare in sua casa.
Lo schiavo pregò Zeyn di aspettare un momento
ed andò a riferire il tutto al suo padrone, il quale ordinogli che
facesse entrar il forestiero.
Ritornato alla porta, lo schiavo disse al
principe di entrare.
Questi entrò, e venne introdotto in una sala
ove Mobarec lo accolse con molta civiltà.
Il principe, dopo aver corrisposto al
complimento, disse a Mobarec:
— Io sono figliuolo del re di Bassora, e mi
chiamo Zeyn Alasnam.
— Mio padre — replicò Zeyn — sotto il suo
gabinetto aveva un sotterraneo, nel quale ho ritrovate quaranta urne di
porfido tutte piene d’oro.
— E che altro vi è di più? — replicò Mobarec.
— Vi sono — disse il principe — nove
piedistalli d’oro massiccio, sopra otto dei quali hannovi otto statue di
diamante, e sopra il nono, vi sta una pezza di zendado bianco, sopra la
quale mio padre ha scritto ciò che far debbo per acquistare la nona
statua molto più preziosa di tutte le altre insieme. Voi sapete il luogo
in cui ritrovasi questa statua, essendo scritto sopra il zendado che voi
mi vi condurrete.
Terminate ch’ebbe appena queste parole,
subito Mobarec gettossi alle sue ginocchia, e baciandogli più volte una
delle sue mani:
— Ringrazio il cielo —
esclamò — che siete qui venuto. Io vi riconosco per il figliuolo del re
di [360]
Bassora. Se
incamminarvi volete al luogo ove giace la meravigliosa statua, io vi
condurrò: ma farà d’uopo prima che per qualche giorno vi riposiate qui.
Oggi davo un banchetto ai Grandi del Cairo, e stavamo per l’appunto a
tavola, quando sono stato avvertito del vostro arrivo. Vi compiacereste,
o signore, di venire a sollazzarvi con noi?
— Molto volentieri — rispose Zeyn.
Dopo che ebbero mangiato, Mobarec così parlò:
— Grandi del Cairo, non vi stupite — disse —
di avermi veduto in tal maniera servire questo giovane forestiero.
Sappiate che egli è il figliuolo del re di Bassora mio padrone. Suo
padre co’ proprî suoi denari mi comprò, ed è morto senza avermi
conceduta la libertà, sì che tuttavia sono schiavo, e per conseguenza
tutte le mie facoltà giustamente appartengono a questo giovine principe,
unico suo erede.
La mattina seguente Zeyn disse a Mobarec:
— O Mobarec, io ho molto riposato, e siccome
non sono venuto al Cairo per immergermi nei piaceri, così il mio disegno
riguardava il possesso della nona statua. Tempo è che partiamo per andar
a farne l’acquisto.
Mobarec, vedendolo risoluto a partire, chiamò
i domestici e ordinò loro di preparare gli equipaggi, dopo di che si
posero in viaggio.
Viaggiarono per molti giorni, in capo ai
quali, giunti in un delizioso soggiorno, discesero da cavallo. Mobarec
disse allora ai suoi domestici:
— Fermatevi in questo luogo, e con tutta
attenzione custodite gli equipaggi fino al nostro ritorno.
Poscia disse a Zeyn:
— Andiamo, o signori, inoltriamoci noi soli.
Vicini siamo al luogo ove viene custodita la nona statua.
Giunsero essi in breve alla sponda di un gran
lago, e Mobarec s’assise sopra la riva dicendo al principe:
— Dobbiamo passar quest’acque. L’incantato
battello del re dei Genii or ora verrà a pigliarci: ma non vi
dimenticate di quanto sono per dirvi. Bisogna osservare un profondo
silenzio; però non parlate al battelliere, per singolare che la sua
figura vi sembri; imperocché vi avverto che se direte una sola parola,
quando saremo imbarcati, la barca si sprofonderà nelle acque.
Accostatosi il battello al principe ed a
Mobarec, il battelliere li pigliò uno dopo l’altro e li collocò sul suo
battello. Passato poscia dall’altra parte del lago in
[361] un istante, portolli sulla
sponda, dopo di che disparve subito colla sua barca.
— Presentemente possiamo parlare — disse
Mobarec — l’isola ove noi siamo è quella del re dei Genii.
Giunsero infine ad un palazzo fabbricato di
fini smeraldi, attorniato da un largo fosso.
Dopo ciò Mobarec distese sovra la terra due
grandi tovaglie, nel margine delle quali sparse certe gioie con muschio
ed ambra. Ciò fatto Mobarec parlò in questi termini al principe:
— Signore, ora io sto per scongiurare il re
dei Genii, il quale abita in questo palazzo, onde si presenti ai nostri
occhi, e voglia il cielo ch’egli venga a noi senza sdegno.
Infatti nel momento
stesso il re dei Genii si fece veder sotto le sembianze di un bel
giovane, ma non lasciava tuttavia di avere nel suo aspetto qualche cosa
di feroce.
Appena il principe Zeyn lo vide, gli fece il
complimento. Il re dei Genii sorrise, e rispose:
— O figliuol mio, io amava tuo padre, ed ogni
volta ch’egli venivami a rassegnar i suoi rispetti, lo regalava di una
statua ch’egli seco portava. Non ho minor amore per te. Obbligai tuo
padre, qualche giorno prima della sua morte, a scrivere quanto hai letto
sopra la pezza di zendado bianco. Promisi a lui di prenderti sotto la
mia protezione, e di darti la nona statua, la quale supera in bellezza
quelle che hai. Già ho principiato a mantenergli la mia promessa. So ciò
che qui ti ha guidato, ed otterrai quanto brami: ma è necessario che
prima tu giuri per tutto quanto rende un giuramento inviolabile, che
ritornerai in quest’isola, e che mi condurrai una donzella, la quale non
sia entrata se non nell’anno quindicesimo della sua vita, che non abbia
giammai conosciuto alcun uomo, né abbia avuto brama di conoscerne. È
necessario pure che la sua bellezza sia perfetta, e che sii talmente di
te padrone, da non formarti alcuna brama di possederla, mentre qui la
condurrai.
Zeyn fece il temerario
giuramento che da lui esigevasi.
— Confesso — ripigliò il re dei Genii
sorridendo — che sul primo potreste rimanere ingannato, perché questa
cognizione supera quella de’ figliuoli d’Adamo, né io ho disegno di
riportarmi a te su questo. A tal uopo ti consegnerò uno specchio, il
quale sarà più certo delle tue congetture. Appena avrai veduta una
fanciulla [362]
di quindici anni perfettamente bella, non
avrai che a riguardare nel tuo specchio, dove vedrai riflettere la sua
immagine. Il cristallo si conserverà puro e chiaro, se sarà casta la
donzella, ma se al contrario il vetro si oscura, sarà questo un costante
contrassegno che la fanciulla non sarà sempre stata saggia, o almeno
avrà bramato di non esserlo.
Il re dei Genii allora gli consegnò nelle
mani uno specchio dicendogli:
— Ora figliuol mio puoi ritornare quando
vorrai. Questo è lo specchio del quale tu ti devi servire.
Zeyn e Mobarec congedaronsi dal re dei Genii,
e s’incamminarono verso il lago.
Il battelliere, col capo d’elefante, andò
loro incontro con la sua barca, e nella stessa maniera li ripassò come
aveali passati nell’andare.
Essi raggiunsero le persone del loro seguito,
con le quali se ne tornarono al Cairo. Il principe Alasnam, in capo a
diversi giorni che ebbe dimorato in casa di Mobarec, gli disse:
— Partiamo per Bagdad: e andiamo a
rintracciarvi una donzella pel re dei Genii.
Se n’andarono a Bagdad, ove presero a pigione
un magnifico palazzo in uno dei più bei quartieri della città.
Ora eravi nel quartiere un Iman chiamato
Boubekir Muezin, il quale essendo un uomo vano, altero ed invidioso,
odiava le persone ricche, solamente perché era povero, e la sua miseria
lo irritava contro la prosperità del prossimo.
Avendo udito parlare di Zeyn Alasnam, e
dell’abbondanza che regnava nella di lui casa, prese tosto ad odiarlo.
Ritirossi nella sua casa, e si pose a comporre un memoriale, risoluto di
presentarlo nella mattina seguente al Califfo.
Ma Mobarec, pose cinquecento zecchini d’oro
in un fazzoletto, formò un fagotto di molti drappi di seta, e andò da
Boubekir.
Il dottore gli chiese con aria sdegnosa ciò
che egli bramasse.
— O dottore — rispose Mobarec con aria
piacevole e ponendogli nelle mani l’oro e i drappi di seta — io sono
vostro vicino e vostro servitore. Vengo a voi in nome del principe Zeyn,
il quale abita in questo quartiere, e che avendo udito discorrere del
vostro merito, mi ha incaricato di venirvi a dire che bramerebbe
[363]
mettersi in corrispondenza con voi. Intanto vi prega di gradire questo
tenue regalo.
Boubekir fu sopraffatto dal giubilo, e
rispose a Mobarec:
Di grazia, o signore, implorate perdono dal
Principe in mio nome: ho rossore di non essere ancora stato a visitarlo,
ma riparerò il mio errore, e domani verrò a rassegnargli i miei doveri.
Infatti nel giorno seguente, vestissi coi
suoi abiti da comparsa, ed andò a riverire quel giovine Principe, che
molto civilmente lo accolse.
Dopo molti complimenti dall’una e dall’altra
parte, Boubekir disse al Principe:
— Signore, vi proponete voi di stare lungo
tempo in Bagdad?
— Mi fermerò — gli rispose Zeyn — fino a
tanto che abbia ritrovata una donzella di quindici anni perfettamente
bella e talmente casta, che non abbia conosciuto alcun uomo, né avuto
brama di conoscerne.
— Voi andate in cerca di una cosa molto rara
— replicò l’Iman — e grandemente temerei che la vostra ricerca non fosse
per esser inutile, se non sapessi ove sia una siffatta giovinetta. Suo
padre è già stato Visir, ma ha abbandonata la Corte, e se ne vive da
lungo in una casa remota. — Or bene, venite meco da suo padre. Io lo
pregherò di lasciarvela vedere per un momento alla sua presenza.
Muezin condusse il principe alla casa del
Visir, il quale appena fu istruito della nascita e del disegno di Zeyn,
chiamò la figliuola, e ordinolle che si levasse il velo.
Non essendosi giammai presentata agli occhi
del giovine Re di Bassora una bellezza tanto perfetta e tanto
penetrante, ei ne restò stupefatto. Appena poté esperimentare se quella
fanciulla fosse ugualmente saggia che bella, consultò il suo specchio,
ed il cristallo si conservò puro e limpido.
Quando egli vide di aver ritrovata finalmente
una fanciulla tal quale bramavala, pregò il Visir di concedergliela in
moglie; a cui quello avendo consentito, immantinente si spedì in traccia
del Cadì, il quale subito venne, e si fece il contratto e la preghiera
del matrimonio.
Quando ognuno si fu ritirato, Mobarec disse
al suo padrone:
— Andiamo, o signore, non ci fermiamo più
lungo tempo in Bagdad, ripigliamo il viaggio del Cairo, e
[364]
ricordatevi della promessa che avete fatta al re dei Genii.
— Partiamo — rispose il principe.
Dopo che Mobarec ebbe fatto fare i
preparativi per la partenza, ritornarono al Cairo, e di là
s’incamminarono verso l’isola del re dei Genii.
Giunti che vi furono, la fanciulla venne
presentata al re dei Genii, il quale dopo averla attentamente guardata,
disse a Zeyn:
— Principe, io son contento di voi; la
fanciulla che mi avete condotta è bella e casta, e la violenza fatta a
voi stesso per mantenermi la parola, molto mi è grata. Ritornatevene nei
vostri Stati: e quando entrerete nella camera sotterranea, ove stanno le
otto statue, vi ritroverete la nona che vi ho promessa, la quale farò
trasportare da’ miei Genii.
Il principe Zeyn
giunse finalmente a Bassora, ove i suoi sudditi, lieti del suo ritorno,
fecero grandi allegrezze.
Andossene egli subito a dar conto a sua madre
la regina, del suo viaggio la quale ebbe gran contento di sapere se egli
aveva ottenuta la nona statua.
— Andiamo, o figliuol mio, andiamo a vederla,
giacché senza dubbio ritrovasi nel sotterraneo.
Il giovine re e sua madre, entrambi
impazienti di vedere quella maravigliosa statua scesero nel sotterraneo,
ed entrarono nella camera delle statue: ma qual fu la loro sorpresa,
quando invece di una statua di diamanti, videro sopra il nono
piedestallo una giovinetta perfettamente bella, che il principe
riconobbe per quella stessa da lui condotta nell’isola dei Genii.
— Principe — gli disse la donzella — voi
siete molto meravigliato di vedermi qui. Vi aspettavate senza dubbio di
ritrovar qualche cosa di più prezioso di me, né dubito che in questo
momento non vi pentiate di esservi data pena.
— No, o signora — rispose Zeyn — il cielo mi
è testimonio che più d’una volta ho pensato a mancar di fede al re dei
Genii, per conservarvi in mio potere. Di qualunque prezzo possa essere
una statua di diamanti, vale essa il piacere di possedervi?
Nel tempo ch’egli terminava di parlare udissi
un colpo di tuono, che fece tremare il sotterraneo.
La madre di Zeyn ne restò spaventata: ma il
re dei Genii che subito comparve, dissipò il suo timore dicendole:
— Signora, io proteggo ed amo vostro
figliuolo. Questa è la nona statua che
io gli destinava. Dessa è molto più rara, e delle altre più preziosa.
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