Architettura Urbanistica e Progettistica rubrica di  CORRERENELVERDEONLINE

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Architettura Urbanistica e Progettistica



VERSO UNA NUOVA SUBURBIA

Pensando all'urbanistica degli Stati Uniti vengono in mente i grattacieli e l’ inurbamento di grandi masse dovuto all’ impellente rivoluzione industriale. Ma oggi, in un contesto post-industriale, tralasciando il fenomeno di crescita di poche città "globali", la forma urbana che vi predomina è "suburbia", e questa rappresenta appunto l’opposto della idea urbanistica tradizionale. Il suo modello di sviluppo è basato sulla frammentazione territoriale e su una enorme rete infrastrutturale che consuma terra , petrolio e cappa di ozono. E’ un mondo nuovo e antiurbano che impone ore giornaliere di vuota tortura motorizzata e che, basandosi su un tessuto urbano reso omogeneizzato da un mercato orientato verso specifici settori di reddito, crea uniformità e ripetitività e, in ultima analisi, impoverisce la qualità della vita.

Come nasce suburbia? Alla fine della seconda guerra mondiale circolavano idee urbanistiche basate su arterie di scorrimento veloce e case costruite intorno ad interni ‘cul de sac’; quando queste idee si incontrarono con gli standard minimi sulla proprietà emanati dall’ ente federale che controllava i finanziamenti dei nuovi insediamenti, suburbia esplose. L’allontanamento mai sperimentato da secoli di pianificazione urbana fu drammatico e questi standard imposero un modello basato su recinti abitativi separati opposto alla fabbrica urbana continua. Negli anni ‘60 per rispondere alle critiche sull’ uniformità e l’ anonimato dei ‘suburbs’, si creò un nuovo modello di sviluppo, il PUD o in esteso ‘Planned Unit Development’, in cui la residenza era ancora raggruppata all’ interno di recinti, ma questi avevano spazi riservati per parcheggi e verde; ed il risultato fu un ulteriore distacco da qualsiasi nozione di continuità urbana. Vennero gli anni ‘70 e si incominciò a parlare di paesaggismo e di ambiente urbano; agli speculatori , ai banchieri, agli ingegneri del traffico e agli architetti, si aggregarono gli esperti in politiche ambientali e gli avvocati esperti in zonificazione. Ma tutta questa scientifica forza d’ urto fu lasciata al controllo di consigli comunali i quali, con la complicità della comunità delle udienze pubbliche, erano più interessati al profilo degli ornamenti delle finestre che alla scala di uso del territorio.

Ma intanto si cominciava a capire che la piena e non ripetibile portata di esperienze che si irradia dalle strade della città, pur includendo fallimenti, tragedie e tutto il negativo immaginabile, apre anche un ventaglio liberatorio di opportunità sociali, di vita e di lavoro non ripetibili nel prevedibile mondo dei ‘suburbs’. Si cominciava a capire cioè che era necessario creare un tessuto residenziale più urbano e più comune, in cui il residente si potesse riconoscere e relazionare non solo con l’ ambiente circostante ma anche con la comunità dei vicini. Un primo passo poteva essere il tentativo di superare il divario fra l’ imprecisione della pianificazione territoriale e la minuzia dei consigli comunali. Ma non solo: bisognava riscrivere le ordinanze di pianificazione territoriale, cambiare le tipologie edilizie e riformare il PUD, tenendo sopratutto in conto la necessità di non spaventare gli speculatori, mantenendo il più possibile inalterati gli indici di densità, i costi di costruzione e, in ultima analisi, cercando di non diminuire il mercato delle case. Questo vento riformatore ci porta agli anni ’80, quando, da un punto di vista pratico e nei migliori interventi suburbani, si cominciò con lo scoraggiare le recinzioni in modo da consentire fenditure trasparenti verso aree panoramiche comuni; a restringere l’ ampiezza delle strade in modo da aumentare il verde e rallentare il traffico; a disegnare i parcheggi in modo da romperne la compattezza con una migliore articolazione con gli edifici e l’introduzione di passeggiate pedonali; a ridurre la terrazzatura di terreni scoscesi adattando le costruzioni alla pendenza e creando così variazioni di altezza e aperture panoramiche; a rivedere tipologia e orientamento degli edifici, cercando di eliminare o quanto meno ridurre l’ impatto delle porte garage e incoraggiando variazioni nel trattamento delle facciate, nel tentativo di relazionare meglio le case alla strada; infine e sopratutto ad aumentare le zone verdi comuni dandole uno stato morfologico simile ai parcheggi e alle costruzioni. Ma tutto ciò non teneva ancora conto del fattore principale di disarticolazione di ‘suburbia’: la residenza, il lavoro ed il commercio rimanevano separati ed uniti solo dalla soggezione comune verso l’ automobile; zonificazioni e finanziamenti si erano evoluti perpetuando questa separazione.

E con questo si arrivò agli anni ’90, quando una nuova generazione di urbanisti ed architetti incominciò a sviluppare nuove tesi e progetti, dando vita al movimento chiamato "New Urbanism". In particolare dai laboratori dell’ Università della California gli studenti e i professori elaborarono un nuovo modello urbanistico chiamato "Pedestrian Pocket". Esso combinava edifici per uffici, centri di negozi (ma non il mega mall di ‘suburbia’) e residenze; l’auto era sempre presente, come nel prototipo suburbano tradizionale, ma la progettazione era intesa a liberare la comunità da una sua completa dipendenza. Si rimaneva nei limiti tradizionali in cui operavano le istituzioni bancarie e gli agenti immobiliari di ‘suburbia’, con una combinazione di zonificazioni agricole e di diritto allo sviluppo edilizio. Inoltre, sviluppandosi lungo un sistema ferroviario leggero, si riducevano il numero di macchine da parcheggiare intorno agli edifici e si limitava la crescita ad un raggio di un quarto di miglio, quale distanza percorribile agevolmente a piedi dalle fermate; da questo il nome: sacca pedonale.

Oggi sulla integrazione tra residenza, commercio e lavoro, la nuova urbanistica si sta cimentando in tutta una serie di interventi, i cui risultati pratici si possono vedere realizzati in varie parti degli Stati Uniti; un esempio per tutti e’ la città di Seaside in Florida. Nel dibattito attuale risulta evidente che le definizioni di ciò che e’ urbano e suburbano, basato su modelli dell’ 800, non sono più vere. Quello che sta emergendo è, usando un termine da fantascienza, una città galattica fatta di piccoli centri che si sviluppano dentro e fuori se stessi. La speranza dei nuovi urbanisti è che la crescita colossale di ‘suburbia’ e le ricuciture delle erosioni periferiche dei grandi centri urbani in decadenza, possa in qualche modo incorporare il lascito pieno di energia e ottimismo della città americana.

Michele Fasciano

foto Kimberly Martelli