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cultura: rubrica dedicata ad associazioni, biblioteche, luoghi, LIBRI, personaggi e festività


 

 

MASTRO DON GESUALDO

di VERGA

Anno di pubblicazione: 1889

Sinossi:

Vizzini, (provincia di Catania). Gesualdo Motta è un lavoratore assennato e costante, che dedica la sua vita all’accumulo di beni e ricchezze, pur non essendo il tipico personaggio avido; difatti si prodiga, una volta raggiunta la ricchezza per dare aiuto alla famiglia.

Sposa, per alzare ulteriormente la sua posizione, Bianca Trao: giovane di una nobile famiglia in decadenza, che concede la propria mano per risanare il suo onore, dopo delle avventure con il cugino Ninì Rubiera. La figlia che nascerà, Isabella, è in realtà frutto del precedente amore della donna.

Gesualdo si troverà sotto il fuoco incrociato per il resto dei suoi giorni: la famiglia d’origine lo disprezza considerandolo un traditore che li ha abbandonati per la nobiltà, quest’ultima dal canto suo, vedendo in lui un uomo del popolo non lo accetterà mai tenendolo in disparte ed anche moglie, ancora memore e nostalgica della prima relazione e la figlia ostacolata dal padre nel suo amore per un’artista in favore del Duca di Leyra vivono con un certo distacco e freddezza il rapporto con il padre.

Alla fine riesce a convincere la figlia a sposare il nobile, che dimostrandosi un approfittatore dilapida inesorabilmente tutta la dote di Isabella; Bianca Trao muore colpita dalla tisi, lasciando il marito solo tra l’ostilità e l’indifferenza generali; il genero con tacito disprezzo lo convince a trasferirsi con lui e la figlia a Palermo; lo scopo di quest’ultimo è in realtà ereditare i beni dell’uomo ora che ha estinto la dote. Gesualdo Motta morirà in solitudine di cancro.

 

Recensione:

Pubblicato nel 1889, il libro presenta una struttura ed un linguaggio (di preciso italiano ma con ricchi discorsi dei personaggi dove fioriscono termini dialettali siciliani) tipicamente veristi, con un narratore che pure essendo esterno alla storia si fonde con essa facendo si che è la storia stessa a parlare e presentarsi al lettore.

Si rintracciano molti temi cari all’autore come la famiglia, il lavoro e il pessimismo tipicamente Verghiano; temi analoghi all’altro suo capolavoro, I Malavoglia, con la differenza che nell’ultimo la famiglia è unita, animata da solidarietà e affetto sinceri nel far fronte comune al destino avverso, la famiglia di Mastro Don Gesualdo è un covo di serpi puramente animate da egoismi; ed anche il lavoro, che ai Malavoglia garantisce inizialmente una condizione rispettabile e successivamente con il tempo permette di riconquistare la medesima dopo mille drammi; a Gesualdo Motta porta solo fatica per catapultarlo in dramma familiare che lo affliggerà per tutta la vita.

Il pessimismo, secondo cui è impossibile alzarsi dalla propria condizione di nascita, questo è rintracciabile anche nel titolo dell’opera, dove mastro, termine popolano di rispetto che sottolinea le sue origini e don, appellativo nobiliare, coesistono e così di fatto viene chiamato da tutti il protagonista, evidenziando la condizione di marginalità che affligge il pover’uomo.

Un romanzo drammatico che, assieme ai Malavoglia costituisce il capolavoro dell’autore siciliano, che sintetizza in se tutta l’essenza della realtà siciliana ottocentesca.