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PARCO NAZIONALE DEL GARGANO

Istituito con Decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1995, dopo diversi tentativi a partire dal 1963 (purtroppo falliti), per impedire l’azione devastatrice degli angoli più belli e intatti del promontorio da parte dell’uomo con strade, costruzioni edilizie in continua espansione e da parte di incendi e bracconaggio, la creazione del Parco ha costituito oltre che un segno in direzione della tutela di un paesaggio, anche la salvaguardia sia dei magnifici habitat rappresentati dai laghi costieri di Varano e di Lesina, sia delle formazioni orografiche denominate valloni, dove non è raro ammirare il volo di corvi imperiali e di gheppi, sia anche delle doline di cui il Gargano è ricco e delle falesie costiere di roccia bianchissima che intervallano ampie insenature dove, tra la vegetazione dei boschi e della macchia mediterranea, si trovano splendide spiagge di sabbia finissima, affacciate su un mare di singolare bellezza.

La superficie del Parco comprende oltre al massiccio del Gargano, il territorio della Foresta Umbra e le isole Tremiti.

La stupenda penisola del Gargano, il cosiddetto "sperone d’Italia", è costellato di paesi piccoli e grandi, vicini gli uni agli altri, che ricordano il lontano oriente con le case bianche e basse, le terrazze ampie, le stradine tortuose.

Gli agrumeti, gli ulivi e i fichi d’india colorano il paesaggio e gli conferiscono toni di grande suggestione.

Il massiccio del Gargano è costituito da terreni calcareo-marnosi nella parte più orientale, ed esclusivamente calcarei del Cretaceo in quella occidentale, con aree ristrette di terreni più recenti.

Il grande predominio dei calcari dà al Gargano una fisionomia carsica con doline, fosse, conche carsiche, grotte, caverne e cunicoli sotterranei che assorbono le acque.

Le coste sono quasi dappertutto alte e rocciose, tranne a nord-ovest, dove si aprono i due laghi costieri di acqua salata di Lesina e di Varano, poco profondi e pescosi, un tempo insenature dell’Adriatico, separate, poi, progressivamente, dal mare da un cordone sabbioso.

Da tutti i lati, i fianchi scendono terrazzati a pareti ripidissime, in parte incise e spianate dall’abrasione marina: il più importante terrazzo si allunga da Rignano a San Giovanni Rotondo fin poco a ovest di Monte Santangelo, e su esso sovrastano le maggiori altezze di Monte Calvo (1.056 metri) e Monte Nero (1.011 metri).

Ai piedi del Monte Calvo si apre la vasta conca di S. Egidio, antico lago carsico prosciugato dall’uomo e sistemato per le colture agrarie.

La parte orientale è la più montuosa, per quanto non presenti le maggiori elevazioni (Monte Sacro, 874 metri; Monte Iacotenente, 850 metri); vi si incontrano belle foreste di faggio nelle zone più elevate, di pino e leccio nelle zone basse.

In origine il promontorio era interamente coperto di foreste il cosiddetto "Nemus garganicum", oggi ne restano limitate testimonianze; le più importanti sono quelle di pino d’Aleppo sulla costa, di querce di specie diverse, soprattutto nelle valli, e di faggio nelle località più interne ed elevate.

Seminativi e pascoli nelle zone più alte e sui terrazzi di media altezza; oliveti, vigneti, frutteti e orti alle falde delle alture e sui bassi terrazzi; agrumi nelle zone costiere.

La Foresta Umbra (umbra da ombrosa in quanto così fitta da non far passare la luce) ha inizio con il "Bosco di Sfilzi" dove una ricca vegetazione di faggi, aceri, gattici, cornioli, cerri e lecci di notevoli dimensioni coprono una superficie di oltre 12.000 ettari, attrezzati con sentieri naturalistici dove in un continuo alternarsi di luci e di ombre, talvolta lievi e talaltra cupe fin dove il bosco e il sottobosco diventano impenetrabili, è facile incontrare caprioli e mucche podaliche (tipica razza garganica) che vagano liberi.

Le isole Tremiti formate da tre isole principali, tutte di natura calcarea: San Domino, la più grande e ricca di vegetazione; San Nicola con un’antica fortezza; Capraia, brulla e disabitata e da uno scoglio denominato Crepaccio oltre ad altri piccoli isolotti, poco più che scogli, disabitati.

Ricche di storia e di leggende, le Tremiti furono abitate fin dal Neolitico, ne sono testimonianza numerosi reperti, entrarono nella storia ad opera di colonizzatori greci che le utilizzarono come "luoghi di approdo" nei commerci con altre città; di colonizzatori romani che ne fecero luoghi di detenzione per poi trasformarsi in luoghi di approdo dei pirati e successivamente ad opera dei Benedettini, prima, dei Cistercensi, poi, diventare luoghi sacri di culto e preghiera.

Con i Canonici Regolari Lateranensi, l’arcipelago diventò una base di appoggio della Repubblica di Venezia.

Nel XVII secolo, nonostante la battaglia di Lepanto, i pirati ritornarono ad impadronirsi delle isole; con i Borbone, ritornarono ad essere un luogo di detenzione e vi rimasero fino alla fine della seconda guerra mondiale quando venne abolita la colonia dei confinati e le Tremiti iniziarono il lungo cammino di rilancio e valorizzazione.

Chiamate anche Diomedee in onore di Diomede, eroe mitico della guerra di Troia e Re di Argo, che qui venne a morire, le Tremiti si presentano ricche di calette, grotte, caverne e di macchia mediterranea dove il pino d’Aleppo è il dominatore incontrastato del paesaggio dell’interno.

Le coste sono popolate da diomedee, uccelli simili ai gabbiani che emettono un verso malinconico che ricorda il lamento di un uomo e sembrano piangere la scomparsa di colui che ha dato loro il nome.

 

 

 

 

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