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cultura: rubrica dedicata ad associazioni, biblioteche, luoghi, LIBRI, personaggi e festività

Mille e una notte

INTRODUZIONE - L’ASINO, IL BUE E L’AGRICOLTORE - NOVELLE IL MERCANTE E IL GENIO -  STORIA DEL PRIMO VECCHIO E DELLA CERVA - STORIA DEL SECONDO VECCHIO E DE’ DUE CANI - STORIA DEL TERZO VECCHIO E E DELLA PRINCIPESSA SCIRINA - STORIA D’UN PESCATORE - STORIA DEL RE GRECO E DEL MEDICO DOUBAN - STORIA DEL MARITO E DEL PAPPAGALLO - STORIA DEL GIOVINE RE DELLE INDIE NERE - STORIA DEL FACCHINO DI BAGDAD - STORIA DEL PRIMO CALENDER - STORIA DEL SECONDO CALENDER - STORIA DEL TERZO CALENDER - STORIA DI ZOBEIDA - STORIA DI SINDBAD IL MARINAIO E DE’ SUOI VIAGGI - SINDBAD IL MARINAIO PRIMO VIAGGIO - SINDBAD IL MARINAIO SECONDO VIAGGIO - SINDBAD IL MARINAIO TERZO VIAGGIO - SINDBAD IL MARINAIO QUARTO VIAGGIO - SINDBAD IL MARINAIO QUINTO VIAGGIO - SINDBAD IL MARINAIO SESTO VIAGGIO - SINDBAD IL MARINAIO SETTIMO VIAGGIO - STORIA DEI TRE POMI - STORIA DELLA DAMA TRUCIDATA E DEL GIOVANE SUO MARITO - STORIA DI NOUREDDIN ALÌ E DI BEDREDDIN HASSAN - STORIA DEL PICCOLO GOBBO - STORIA DEL MERCANTE CRISTIANO - STORIA DEL MANCINO - STORIA DEL PROVVEDITORE - STORIA DEL CONVITATO - STORIA DEL SARTO - STORIA DEL GIOVINE ZOPPO - STORIA DEL PRIMO FRATELLO GOBBO - STORIA DEL SECONDO FRATELLO SDENTATO - STORIA DEL TERZO FRATELLO CIECO - STORIA DEL QUARTO FRATELLO GUERCIO - STORIA DEL QUINTO FRATELLO DALLE ORECCHIE TAGLIATE - STORIA DEL SESTO FRATELLO DALLE LABBRA SPEZZATE - STORIA DEL PRINCIPE CAMARALZAMAN - STORIA DELLA FATA MAIMOUNE E DEL GENIO DANHASCH - STORIA DI MARZAVAN - STORIA DI NOUREDDIN E DELLA BELLA PERSIANA - STORIA DI BEDER PRINCIPE DI PERSIA E DI GIAUHARE, PRINCIPESSA DI SAMANDAL - STORIA DELLA PRINCIPESSA GULNARA - STORIA DI GANEM DETTO LO SCHIAVO D’AMORE - STORIA DI TORMENTA - STORIA DEL PRINCIPE ZEYN ALASNAM E DEL RE DEI GENII - STORIA DI CODADAD E DE’ SUOI FRATELLI - STORIA DELLA PRINCIPESSA DI DERYABAR - STORIA DEL DORMIGLIONE RISVEGLIATO - STORIA DI ALADINO E DELLA LUCERNA MARAVIGLIOSA -

STORIA DEL PICCOLO GOBBO

Eravi una volta a Gasgar negli estremi della gran Tartaria un sarto, il quale aveva una moglie bellissima. Un giorno mentre lavorava, un piccolo gobbetto venne a sedersi sull’ingresso della sua bottega, e si pose a cantare, suonando un tamburello. Il sarto ebbe un gran piacere nell’udirlo e risolse di condurlo nella sua casa per divertir sua moglie.

Appena arrivati, la moglie del sarto, essendo l’ora di cena, portò in tavola un buon piatto di pesce. Nel mangiarne, il gobbo, per sua disgrazia, inghiottì una grossa spina, per cui in pochi momenti morì. Rimasero l’uno e l’altra tanto maggiormente spaventati di quest’accidente, inquantoché era accaduto in casa loro e aveano motivo di temere che se la giustizia fosse venuta a saperlo, ne sarebbero stati castigati come assassini. Il marito nonpertanto ritrovò un espediente per liberarsi del corpo del morto. Avendo riflettuto che vicino a lui soggiornava un medico ebreo, aiutato da sua moglie trasportò il gobbo fino alla casa del medico: picchiò alla porta ove terminava una scala, per la quale salivasi alla sua camera.

Una serva discese subito, senza alcun lume, aprì, e domandò ciò che bramava.

— Risalite, se vi piace — rispose il sarto — e dite al vostro padrone che gli conduciamo un uomo oppresso da grave infermità, affinché gli somministri qualche rimedio.

Nel mentre la serva risaliva, il sarto e sua moglie portarono con tutta prestezza il corpo del gobbo in cima alla scala, dove lo lasciarono, e prestamente tornarono alla loro casa.

In questo mentre, avendo la serva riferito al medico che un uomo e una donna lo aspettavano alla porta, e lo pregavano di discendere per visitare un infermo, credette fosse un buon affare di non doversi trascurare.

— Pigliate subito il lume — disse alla serva — e seguitemi. — Nel dir ciò s’inoltrò verso la scala tanto precipitosamente, che inciampando nel gobbo, lo fece rotolare fino al basso della scala.

— Portate presto il lume — gridò alla sua serva.

Finalmente questa giunta, discese con essa, e vedendo esser giù rotolato un uomo morto, rimase talmente spaventato ad un tale spettacolo, che invocò tutte le stelle e tutti i pianeti.

— Infelice — diceva — perché son disceso senza lume? Ho terminato di uccidere quest’infermo. Ah per noi è finita, se non troviamo mezzo di porre questa notte fuori di casa nostra questo corpo morto. Perderemo la vita, se lo teniamo fino a giorno. Che disgrazia! Come mai dunque avete fatto per uccidere questo uomo?

— Non si tratta di questo — ripigliò l’ebreo — si tratta di ritrovare un rimedio ad un male tanto pressante.

Nel proferire queste parole si pose il gobbo sopra le spalle, uscì dalla sua camera, andandosene a capo della strada, ove messolo in piedi ed appoggiatolo ad una bottega, ripigliò la strada di casa sua senza guardarsi indietro.

Qualche momento prima del giorno un mercante cristiano, dopo aver passata la notte in crapule, pensò di uscir dalla casa sua per andarsene al bagno.

Fermatosi in capo alla strada per qualche bisogno rimpetto alla bottega, ove il provveditore del Sultano aveva posto il corpo del gobbo e credendo essere assalito da un ladro, rovesciò il gobbo a terra con un pugno, poscia gliene diede molti altri, e si pose a gridare:

— Al ladro! al ladro!

La guardia del quartiere accorse alle sue grida, e vedendo che quegli era un cristiano, il quale maltrattava un mussulmano (poiché il gobbo era della nostra religione):

— Qual motivo — gli disse — avete voi di maltrattare in tal maniera un mussulmano?

— Egli ha voluto rubarmi — rispose il mercante — e si è gettato sopra di me per afferrarmi alla gola.

— Vi siete abbastanza vendicato — replicò la guardia. — Terminando queste parole arrestò il cristiano e lo condusse dal luogotenente di polizia, ove fu posto in prigione.

Il mercante cristiano intanto si riebbe della sua ubbriachezza, e tanto più rifletteva sopra il suo accidente quanto meno comprendeva come pochi semplici pugni fossero stati capaci di levar la vita ad un uomo.

Il Luogotenente di polizia sulla relazione della guardia, andò al Palazzo a render conto al Sultano dell’accaduto, e questi gli disse:

— Non ho grazia alcuna a concedere ad un cristiano che uccide un mussulmano; andate ad eseguire il vostro ministero.

A queste parole il Ministro di polizia fece innalzare un patibolo. Finalmente il mercante fu levato dalla prigione, fu condotto a piè del patibolo, ed il carnefice, dopo avergli attaccata la corda al collo, allorché si udì la voce del medico ebreo, il quale facendosi largo in mezzo alla folla giunse tosto a piè del patibolo, ove giurò per il Dio di Abramo, d’Isacco e di Giacobbe di essere stato lui l’uccisore involontario del gobbo.

Il dottore ebreo aveva già la corda al collo quando si udì la voce del sarto, il quale arrivato a piè del patibolo:

— Signore — diss’egli al Ministro di polizia — poco è mancato che non facessi morire due innocenti, poiché se vi degnate udirmi, ben presto conoscerete il vero uccisore del gobbo.

«Ieri, verso sera, lavorando nella mia bottega, il gobbo giunse da me mezzo ubriaco. Dopo che ebbe cantato per qualche tempo gli proposi di venire a passar la sera in casa mia la qual cosa molto di buon grado si fece. Ci ponemmo a tavola e nel mangiare del pesce, una spina gli si fermò nella gola, per cui morì. Mia moglie ed io restammo afflitti di sua morte e per timore d’essere arrestati, portammo il cadavere alla porta del medico ebreo, il quale nell’uscire dalla sua porta, vi s’inciampò facendolo rotolare a piè delle scale, per la qual cosa egli credesi l’uccisore del gobbo, mentre in sostanza è innocente.

— Poni adunque in libertà il medico ebreo — disse il giudice al carnefice — ed impicca il sarto, giacché confessa il suo delitto!

Il carnefice, avendo posto in libertà il medico, passò la corda al collo del sarto.

Mentre però quest’ultimo preparavasi ad impiccare il sarto, il Sultano di Gasgar, il quale non poteva starsene lungo tempo senza il gobbo suo buffone, avendo ricercato di vederlo, uno dei suoi uffiziali gli disse:

— Sire, il gobbo di cui la Maestà Vostra sta in pena, dopo essersi ieri ubbriacato, fuggì dal Palazzo contro il suo solito per andarsene a scorrere per la città, e questa mattina si è trovato morto. È stato condotto alla presenza del giudice criminale un uomo accusato di averlo ucciso, e subito il giudice ha fatto innalzare il patibolo.

A questo discorso il Sultano di Gasgar spedì un messo al luogo del supplizio dicendogli:

— Andate sollecitamente, e dite in mio nome al Giudice criminale che senza perdita di tempo mi conduca l’accusato e mi sia portato il corpo del povero gobbo.

Il messo partì, ed arrivando gridò di sospendere l’esecuzione.

Il carnefice, avendo riconosciuto il messo, non ardì passar oltre, e rilasciò il sarto.

Dopo ciò il messo, raggiunto il ministro di polizia gli manifestò il comando del Sultano.

Il ministro s’incamminò al palazzo col sarto, il medico ebreo ed il mercante cristiano, e fece portare da quattro uomini il corpo del gobbo. Giunti alla presenza del Sultano, il ministro di polizia si prostrò ai piedi del Principe, e quando si fu rialzato, fedelmente gli narrò quanto sapeva dell’istoria del gobbo.

Il Sultano la ritrovò tanto singolare, e voltandosi poscia alle persone presenti:

— Avete voi giammai — disse loro — inteso nulla di più sorprendente di quanto è accaduto in occasione del gobbo mio buffone?

Il mercante cristiano, dopo essersi prostrato fino a toccar la terra colla fronte, cominciò in tal modo a parlare:

— Potente monarca, io so una storia più meravigliosa di quella che avete udita. Sono pronto a narrarvela se Vostra Maestà me ne concede il permesso.