Artisti: Pittori, Scultori, Attori, Fotografi, Poeti, Scrittori, Musicisti rubrica di CORRERENELVERDEONLINE

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Francesca Federici

Prospettive dell’anima

Prospettive dell’anima 2

La pittura di Francesca Federici non è di "maniera" nella accezione realistico-psicologica del termine, ma piuttosto la favola dell’arte plasmata e conformata secondo i moduli categoriali di una sensibilità vergine, immutabile, adolescenziale e bambina, riemergente dal lago incantato della memoria e del cuore con tutte le seduzioni, i brividi di luce, i colori, i riverberi e le macerazioni interiori, le sedimentazioni, le decantazioni, il salnitro sbrinante del sentimento.

Francesca Federici 2La malinconia trepida, aggrondata, l’elegia di calmi fuochi, placati, riverberano il profilo di una realtà profonda, magmatica, balenante a tratti al di là della soglia velata di una misteriosa apprensione che sostiene alimentandola la vocazione pittorica dell’artista romana che, soprattutto nei ritratti riscopre la pregnanza fabulatoria di volti ieratici, riconfermando la sua fedeltà al mondo della sua infanzia con una chiarezza sempre più manifesta, con coloriture e impasti allusivi, mitici, nei quali anche gli urti più duri della realtà restano attutiti in una certa aura di simbolo arcaicamente e intimamente lirica.

Così di volta in volta il quadro assume ruoli, funzioni e "prospettive dell’anima" in ascolto di se stessa, il lirismo cromatico si carica di pelagiche risonanze, si fa sinfonia, coralità diffusa, a seconda della intensità e della urgenza del pathos delle memorie, delle modulazioni, delle fatturazioni della soggettività trasfiguratrice.

Francesca Federici è pittrice fondamentalmente figurativa, sempre sicura nel segno ed in un cromatismo che sottolinea il trauma di una produzione che nasconde profonde riflessioni filosofiche, sottili elucubrazioni, continui turbamenti in una persona che non si limita ad una rappresentazione sterile, ma che vuole trasmettere con le sue opere messaggi sottintesi o manifesti di una interiorità, a volte serena, più volte tormentata.

Grazie all’approfondimento della ricerca intimista e alla padronanza assoluta della tecnica pittorica Francesca, con tratti e pennellate ricche di gesti e di colore, compone paesaggi e volti familiari che seducono per il loro poetico naturalismo. La luce penetra nelle forme fondendo ogni elemento, figure, oggetti, come in una diffusione del colore, ora corposo ora evanescente, sortendo vibranti effetti che volutamente richiamano alla memoria l’atmosfera romantica, pacata fino alla malinconia.

Lo strumento stilistico di cui si serve l’autrice per esprimere la propria inesauribile ricchezza di sentimenti ed una piena e autentica umanità, prova che Francesca ha tratto dall’impressionismo ciò di cui ha avuto bisogno, per superare il concetto di una realtà immobile e per dipingere con autonomia di toni e di linguaggio le sue genuine ispirazioni.

Alla fine degli anni ottanta l’incipit diventa totalmente concettuale, rigoroso e coerente, riprendendo la figura classica di Deidameia (1990) per farne il simbolo di un cammino prezioso rivolto all’indietro, verso le radici ed il pensiero di vita a queste connesso.

I colori di Parco a Sidney e Giardino cinese a Sidney (1995), sono anche i colori del vero viaggio che con il luogo fisico e geografico si sottende, i colori sono tutti presenti nell’opera, presenti nella loro fisicità così come nel rapporto con la mente, nella ricreazione di un nuovo percorso evolutivo.

Nel biennio 1997-1998 elabora diversi Volti di donna, raffigurandoli a volte con capelli lunghi, a volte con capelli raccolti. Si tratta di figure femminili, aurora di un rapporto con il mondo femminile, che in qualche modo ha attraversato, trasversalmente, l’intera vicenda umana di Francesca. All’occhio dell’osservante le figure diventano pensiero e materia e perciò arte sublimata nella più alta vetta della sostanza intellettuale del mito.

In Evanescenza di fiori (1997), mai delicatissime figure (quattro fiori raffigurati con gessetti colorati azzurri, gialli, rossi e bianchi), potevano ambire, nell’arte contemporanea, alla concentrazione di più elementi concomitanti fra di loro, portandoci, in un percorso mentale, materico ed etereo, dal fuoco all’acqua, dall’ebraismo al cristianesimo, dal deserto al mare. Nella evanescenza iconografica l’artista propone la propria manualità, fatta di segni.

In Bianco e nero (2002) due corpi umani si avviluppano creando una simbolica spirale. Si tratta di elementi ancestrali individuati ed abbinati, che diventano nelle mani della pittrice segni distintivi di un diverso componimento, simboli arcani di un percorso che, oltre che estetico, è anche un percorso interiore e di vita, sublimato proprio dall’estetica in modo da divenire vita, piena e totale.

Ricordi, impressioni, immagini primordiali della vita di un tempo fluiscono nella coscienza della pittrice intrecciandosi alle malinconie del presente in un gioco di attrazioni e di ripulse, di fascinazioni attonite, miracolose, emergenti da una labirintica e inquieta primavera di Proserpina al fondo della quale sta l’Alba (2003), il cesto con Frutta (2001), i Fiori dal nulla (1997), il Lupo (1998), la Primavera (1984), opere amate di un amore beveraggio, meravigliosamente attivo, sempre deluso, sempre lucidamente disperato.

ROBERTO LUCIANI