Artisti: Pittori, Scultori, Attori, Fotografi, Poeti, Scrittori, Musicisti rubrica di CORRERENELVERDEONLINE

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SCHIRONI

 

Cenni biografici

 

Mario Scifoni, in arte Schironi, è nato a Subiaco il 10 giugno 1943 e risiede a Roma con studio in via Monte Senario 35, tel. 0687180183.

È un artista schivo che non invade il mercato in modo spudorato come spesso avviene per tanti sedicenti pittori.

Il suo iter artistico è, infatti, del tutto lineare e parallelo alla sua attività di stimato dirigente statale.

Sin dai primi anni di scuola Schironi si è sempre destreggiato con colori e pennelli, dimostrando subito un talento innato, perfezionato con una pratica artistica mai abbandonata.

Oggi è veramente difficile riportare tutte le collettive e personali che il nostro ha al suo attivo.

Proviamo qui di seguito a riportare quelle più rilevanti:

 

1968 - EPT di Frascati ed EPT di Civitavecchia;

1969 - Sala comunale di Colleferro;

1970 - Palazzo delle Esposizioni di Roma;

1971 - Galleria "Il faro" di Roma;

1972 -1974-1978 - 1980 Galleria "l’Etrusca" di Roma;

1973 - Galleria "La carrozza" di Roma;

1973 - Galleria "73" di Terni;

1975 - Quattro pittori al "Centro d’arte del giornale di Roma";

1976 - Palazzo Mariglioli di Roma;

1977 - Galleria "Cedim arte" di roma;

1977 - Mostra della tavolozza allo "Studio M" di Roma;

1979 - Quattro pittori al "Centro d’arte Terzone" di Leonessa;

1982 - Studio "Smeraldo" di Roma;

1984 - Hotel "Savoia" di Roma;

1985 - Galleria "Derna" di Roma;

1986 - Tevere expo, sessione arte;

1987 - Sterling europea, Roma;

1988 - Europea arte, Roma;

1989 - Galleria "Thouar" di Roma;

1990 - Centro d’arte "Le Camene" di Roma;

1991 - Sala comunale di Marcellina.

Schironi 1

Nell’ultimo decennio l’attività espositiva di Schironi si è andata intensificando ancora di più, per cui citiamo solo alcune delle sue performance: Castello Savelli di Palombara Sabina, Sala A.A.S.T. di Tivoli, S. Maria degli Angeli di Roma, Temple university di Roma, Carcere michelangiolesco di Civitavecchia, Galleria "Simmi" di Roma, Castello di Scandriglia, Museo di Minturno, ecc.

In tutti questi anni si sono interessati di lui: Il Tempo, Il Messaggero, Ore 12, Il Giornale di Roma, La Sponda, Il Momento sera, La Tribuna Politica e Letteraria, Tempo Libero, Il Mezzogiorno d’Abruzzo, Il Gazzettino di Roma, Teletevere-Arte, Telestudio, Teleitalia, Canale Sette, Teleregione, Il Segnacolo, La Nazione, L’Osservatore, Top magazine, Qui giovani.

Come si può vedere, Schironi non passa mai inosservato, anzi hanno avuto modo di segnalarlo anche Bolaffi, Quadrato, Marguttone, Eco della Critica, Arte Guida, Catalogo Nazionale degli Artisti, Arte Corbi.

Nonostante che Mario Schironi abbia limitato la sua pur prolifica attività espositiva in ambito laziale, sue opere sono comunque presenti in varie gallerie anche di Milano, Napoli, Taranto, Ancona, ecc.

Di quest’artista vivo ed appassionato hanno scritto molti critici d’arte in termini veramente lusinghieri.

Ricordiamo i seguenti: Biasciucci, Bonavita, Capuano, Casalena, Cicchini, Cimagalli, Corradini Galli, Moretti, Nicotra, Protetti, Rinaldi, Scaramucci, Schiavetti, Staiti,  Sperandio, Del Puglia, Vanni.

Ed è di quest’ultimo il profilo critico che di seguito riportiamo, in quanto Vanni, a mio avviso, è tra quelli che meglio hanno saputo tratteggiare gli aspetti salienti e pregnanti dell’arte di Schironi: uomo ed artista di vero talento!

 

Profilo critico

 

Schironi 2

Difficile da raccontare questa pittura di Mario Schironi, tanto è limpido, assoluto, solare e diretto il contesto dell’opera.

La sostanza più profonda e la sua scorza esterna sono un tutt’uno e spiazzano il critico,più a suo agio,di solito,nel decodificare,disseppellire e rilanciare il flusso sotterraneo di umori sotteso al linguaggio di gran parte dell’Arte contemporanea.

Non resta,quindi,che assumere l’atteggiamento del lettore curioso davanti ad un testo ignoto e lasciarsi imporre l’evidenza della pagina senza filtri particolari,categorie logiche,prefissati schemi culturali.

Mi congedo solo un piccolo azzardo,che cioè la scelta dei soggetti canonici dell’arte d’immagine (il paesaggio,la natura morta, la figura), sia in Schironi rigorosamente "consapevole", dettata dal rifiuto della contaminazione fra tecnologia e arte,civiltà industriale e sua immagine emblematica,attualità e linguaggio.

Insomma, l’Artista sublacense, da tanto tempo trapiantato a Roma, cammina sulla brace della metropoli e non si brucia, ma respira il caos inquinante e non si ammala,vive gli allarmi ed i disagi e non si turba; sicchè può elaborare senza sforzo apparente una pagina di pittura intatta,pulita e ferma nella sua coerenza figurale: quasi un taumaturgico oggetto offerto a protezione e scongiuro.

Si tratta ovviamente di un programma di lavoro che non esclude la coscienza del proprio tempo da parte dell’uomo Schironi; si vuol dire che in quel luogo virtuale in cui tutti i deliri ed i delitti sono possibili, sul terreno della creatività e dell’arte, il pittore Schironi ha selezionato il bello e il pathos, la forma e gli "affetti", il rigore e l’abbandono lirico mescolandoli in una sintassi semplicissima: immediata riconoscibilità, inattuale poeticità.

Ecco perché,dicevo,la sostanza e la scorza si identificano ed il linguaggio è così funzionale ai temi prescelti da rendere superflua un’analisi critica.

Parliamo,allora,di ciò che appare ed è in questa pittura,con particolare riferimento alle recenti opere ad olio.

Ci sono ritagli di marine permeate da un a musicalità sottile e quasi gelida,scandita dai ritmi di volo dei gabbiani.

C’è una campagna romana "impossibile" (come certe intelligenti e suggestive interviste a famosi personaggi estinti), fasciata in lontananza da un pudico velame di foschie leggere e nuda in primo piano di un abbagliante giallo di ginestre.

C’è il tavolo con le sacrosante varie cuccumelle disposte in bell’ordine e c’è la finestra che dischiude, del tutto discreta, l’immaginario di natura, un profilo di paesaggio d’invenzione.

Ora, Schironi, queste eterne cuccume le accende e le fa vibrare in un bagno di luce rapinosa; ne ritaglia una minima quotidianità lirica con il puntiglio del grafico ed il gusto del colorista di scuola tradizionale.

E con ciò viene saggiamente eluso un difficile confronto, ad esempio, con Morandi e Braque, con lo scatto religioso e trascendente delle composizioni dell’uno e con i complessi schemi ed apparati formali del razionalismo cubista dell’altro.

La stessa freschezza sorvegliata, ma un più assorto e più pacato lirismo sembrano lievitare, infine,per una sorta di continuata gemmazione, soprattutto dalle tele nelle quali un bambino o un cavaliere o una donna - un personaggio soltanto per ogni opera - si offre al proscenio, sostenuto (o incalzato appena) da una natura al fastello che gli crea intorno un couche materna e rassicurante

Una rarità, davvero,di questi tempi in cui anche l’arte ed i suoi ministri si attorcigliano in un tormento senza fine.