AMBIENTE E NATURA: AL CENTRO DEL NOSTRO PROGETTO rubrica di CORRERENELVERDEONLINE

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Legge 21 novembre 2000, n. 353

Legge 9 dicembre 1998, n. 426

Protezione dalle esposizioni a campi elettrici

DL n° 230/1995 modificato

D.P.R. 13 marzo 1976, n. 448

 

 


 

 

 

Ambiente e Natura: per vivere meglio con più consapevolezza

Via Francigena

una delle meravigliose tappe sulla via Francigena

Fa un certo effetto al giorno d’oggi, in tempi di alte velocità, ponti sugli stretti, varianti di valico, parlare di Via Francigena. Solo il nome, per chi ne conosce il significato, equivale ad una specie di doccia fredda temporale, una frenata a secco nell’autostrada della realtà odierna, ed è capace di evocare fantasmi di un remoto passato: re, santi, monaci, pellegrini, intrepidi mercanti e combattenti della fede hanno per secoli consumato su questa direttrice le loro esistenze. Una strada di comunicazione europea costituita da un sentiero o giù di lì, da percorrersi per lo più a piedi dall’estremo nord ai porti di imbarco per la Terrasanta, capace però di permettere al più umile dei pellegrini di andare a pregare sulla tomba di Pietro a Roma partendo magari dalla lontana Canterbury.

Una strada, ma non una semplice strada, una via di congiungimento tra popoli che nel medio evo è stata la spina dorsale d’Europa ma a cui il tempo non ha risparmiato le ingiurie di cui è solito fare grazioso presente alla maggior parte delle opere dell’uomo: tracciati abbandonati, distrutti, dispersi nelle tradizioni orali o in documenti introvabili o di difficile interpretazione. Un vero lavoro da certosino per chi, come i soci del CAI, ha volontariamente deciso di prestare la propria opera per riattivare e rendere fruibili tratti importanti del vetusto tracciato. Ma il gioco vale la candela. La Via Francigena ottiene, il 21 aprile 1994, il riconoscimento del Segretariato Generale del Consiglio d’Europa che ne fa il secondo Itinerario Culturale Europeo dopo il Cammino di Santiago di Compostela. Nel giugno del ’94 si inaugura il progetto di valorizzazione e si insedia il comitato promotore: Consiglio d’Europa, Città del Vaticano, Omt, Unesco.

In questa direzione il Consiglio centrale del Club Alpino Italiano nel 2001 delibera di riconoscere il valore storico-culturale del tratto ligure tosco-emiliano di questo itinerario, interessando, sia alla fase progettuale sia a quella di recupero tecnico degli antichi tracciati, il Gruppo di lavoro Nazionale Cai "Terre Alte". Il risultato è stato talmente positivo che il Club ha potuto organizzare quest’anno, dal 14 al 18 aprile il viaggio educational "con il CAI riscopriamo la Via Francigena" che si è svolto su sentieri e mulattiere dell’Appennino Parmense e in Lunigiana, uno dei tratti ripristinati con il contributo volontario delle sezioni locali. Questa iniziativa si è collegata al pellegrinaggio organizzato da Radio Rai Tre, dopo il successo di quello dello scorso anno a Santiago di Compostela, che, partito dall’abbazia di Novalesa in Val di Susa il 3 aprile, ha seguito la Francigena per 800 chilometri fino a raggiungere Roma il 14 maggio. Sono state, infatti, le guide CAI ad indirizzare e coadiuvare i pellegrini per i circa 150 chilometri del percorso che, da Fornovo di Parma fino a Sarzana, valicando l’Appennino ai 1040 metri del passo della Cisa, li ha trasferiti dalla pianura Padana sino al mar Ligure.

Potevamo mancare? No, e, infatti, c’eravamo anche noi. Correre nel verde ha seguito la manifestazione nel tratto da Berceto a Sarzana (naturalmente a piedi) e si è trattato realmente di un’esperienza interessante.

Se il buongiorno si vede dal mattino, passeggiare distrattamente per le viuzze medievali di Berceto, respirando l’aria frizzante dei suoi 800 metri, e trovarsi nella notte di fronte alla sua rocca potente e diruta, poteva essere un buon inizio, ma l’indescrivibile atmosfera alto medievale che può respirare il camminatore che visita all’alba la cattedrale di S. Moderanno (sec.XII-XIII) basta da sola (ci si aspetta di veder spuntare un cavaliere templare dietro ognuna delle sue possenti colonne) a giustificare un viaggio. Da qui alla Cisa il passo è breve, e la calda accoglienza di Don Giorgio fa dimenticare il tempo da lupi fuori della cappella del valico mentre spiega che dal ’75 la chiesetta è santuario degli sportivi di tutto il mondo (sono esposti cimeli di Rivera, Adorni ecc.), e che il fine settimana richiama grandi masse di fedeli dall’alta Lunigiana, da Parma, da Pomtremoli, addirittura da Massa… Attraverso paesaggi maestosi, per la verità visibili solo a tratti in una giornata da tregenda come quella che ci è capitata (ci siamo fidati), si attraversano abitati dal carattere inconfondibile come Cavezzana d’Antena, Groppoli, Cargalla… Dove ci si può, magari, ancora imbattere in un mulino ad acqua, con le sue pale di legno quasi intatte e le sue mole tuttora in grado di funzionare a egregiamente. Si arriva infine a Pontremoli, vera metropoli commerciale dei secoli passati, ricca di una insospettabile dovizia di opere d’arte, dove si respira raffinatezza e cultura ad ogni passo grazie agli scambi intellettuali (ed economici) di cui è stata fulcro nella sua storia. Un posto come questo, dove tutto è fascino e arte, dalla chiesa di San Francesco, con i suoi diavoletti dal sapore vagamente gotico che occhieggiano tra i magnifici stucchi, al museo delle Statue Stele, relitti di una religione perduta dalla storia millenaria, nel castello del Piagnaro, dai ponti sul Magra ai tanti palazzi signorili, per non parlare della torta d’erbi, del testarolo o della spongata (più o meno raffinate, ma tutte accattivanti specialità culinarie), sarà presto oggetto da parte nostra di approfondite attenzioni.

Fuori Pontremoli la via del romeo ci conduce alla romanica Pieve di Santo Stefano (sec.VIII-XII), perfettamente recuperata, che esibisce un particolare rosone a croce lobata, sorge sul sito di Sorano, non lontano da una necropoli ligure e sopra una fattoria romana del II-III sec., custodisce due Statue Stele del VI-V sec. a.C., attenzione: la vista della zona absidale dall’esterno è assolutamente da non perdere! Ad un tiro di schioppo sorge Filattiera (dal greco fulacterion=zona fortificata) caposaldo bizantino contro i Goti, anticamente difesa da una muraglia alta due metri con palizzata e vallo, in seguito importante possedimento dei Malaspina (Spino Fiorito). Tappa successiva Filetto, accampamento bizantino di pronto intervento, che esibisce tra l’altro un curioso lavatoio. Poi, dopo un lungo trasferimento attraverso tracciati ripristinati e segnati a cura del CAI tra boschi, ruscelli e cascatelle si raggiunge il castello di Terrarossa con le sue massicce torri quadrangolari, dove si è svolto un animato convegno sulla "torta d’erbi". Siamo alle porte di Aulla, dominata dalla solida Fortezza della Brunella ove sorge l’antica abbazia di San Caprasio fondata nell’884. Insolite testimonianze contemporanee sono i monumenti a Bettino Craxi e ai Martiri di Tangentopoli. Usciti da Aulla si raggiunge Bibola, al centro tra le valli del Bardine dell’Aulella e del Magra, e con un castello diroccato in posizione dominante su tutte e tre, da cui si gode un panorama invidiabile; Qui il tratto caratteristico è costituito dal "borgo in galleria", un’affascinante gradinata coperta destinata sia ad uso difensivo, che ad attività lavorative al coperto, tra le sue mura non è difficile trovare particolari architettonici di pregio singolarmente riutilizzati in edilizia minore.

Riprendendo l’itinerario degli antichi viandanti arriviamo a Vecchietto, un abitato dai vicoli strettissimi, ove appare d’un tratto all’angolo di un edificio l’immagine più enigmatica di tutto il viaggio: una figura estremamente stilizzata rappresentante un personaggio in atteggiamento e costume assolutamente ieratico nell’atto di sorreggere un bambinello. Ma questo minuscolo borgo può vantare anche una parrocchiale dotata di notevoli stucchi e di altari straordinariamente ricchi ed elaborati. Salendo alla prossima meta, il bivio delle quattro strade, tra la pianura di Luni e la Lunigiana interna, possiamo toccare con mano che tipo di tortura di Sisifo sia l’impegno dei volontari del CAI: riordinare e rendere percorribili queste strade montane destinate al solo transito a piedi e che costantemente vengono a vario titolo percorse e dissestate da mezzi a due, a quattro ruote o cingolati che danneggiano i tracciati provocando erosioni del fondo naturale e rendendo alcuni tratti difficilmente percorribili.

A rendere meno faticosa la salita, i racconti di chi ha già compiuto il pellegrinaggio a Santiago di Compostela, le motivazioni e le impressioni di chi ha saputo affrontare un impegno fisicamente così arduo, e moralmente tanto appagante, rendono quasi più leggero il passo e rapido il passar del tempo. Superato il bivio inizia la discesa che finirà a Ponzano Superiore a 300 metri s.l.m., distesa su un colle sovrastato della chiesa di San Michele Arcangelo. Vicino al suggestivo sagrato, caratteristico dell’oriente ligure, in pietre di fiume rosse, bianche e nere sorge un curioso bassorilievo in marmo, del 1495, ricordo della signoria di Carlo VIII, riutilizzato nella parte posteriore dal Banco di San Giorgio, successivo padrone del borgo, che vi fece scolpire il Santo nell’atto di trafiggere il drago, simbolo iconografico del banco stesso. Ultima tappa, prima di Sarzana, i ruderi del Castello della Brina (1160), per il cui possesso si affrontarono a lungo il Vescovo di Luni e i Malaspina.

Testimonianza di queste lunghe lotte rimane il "torraccio", torre del sistema difensivo, spezzata da cunei e adagiata su un fianco dal lavoro di professionisti dell’epoca, veri e propri distruttori di castelli ed opere difensive. Proseguendo la discesa verso valle, a breve distanza, inizia l’abitato di Sarzana, sul fiume Magra, all’incrocio tra l’Aurelia e la statale della Cisa. Ricca di tesori artistici e dalla storia complessa è una città a cui l’impianto del ‘500 ancora intatto conferisce la famosa "misura d’uomo". Indimenticabile la visita alla possente cittadella di Sarzana eretta da Lorenzo il magnifico nel 1486, con pianta rettangolare un imponente mastio centrale e sei torrioni perimetrali. Due gioielli sull’asse principale della città, la Via Mazzini, sono la pieve di S. Andrea (X-XI sec.) con campanile romanico e portale cinquecentesco, e la Cattedrale di S. Maria Assunta (1474) dalla facciata in marmo bianco con rosone e portale gotici, con un pregevole soffitto ligneo del ‘600 (P. Giambelli), che nella Cappella del Crocifisso custodisce l’insigne capolavoro del Maestro Guglielmo (1138). Un cenno a parte merita il Museo Diocesano, scrigno di innumerevoli opere d’arte e memorie storiche, elemento fondamentale di una visita memorabile.

Roberto Azzari