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ARTE GRECA 
      
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		La 
		storia della Grecia comincia con il disfacimento delle civiltà cretese e 
		micenea; fattore decisivo è, verso il 1200 a. C., l’invasione dei Dori, 
		apportatori della civiltà del ferro, provenienti dal Nord attraverso i 
		Balcani. 
		Il mondo dei Dori, che fondava su una civiltà dura, 
		militare, disciplinata, spinse i greci verso le sponde dell’Anatolia 
		originando quegli insediamenti costieri che daranno vita alle città di 
		Efeso e Mileto, antagoniste del mondo dorico. 
		L’amalgama fra questi due mondi così diversi ed 
		opposti fu molto lento ma alla fine si cementò la coscienza di 
		appartenere ad un'unica civiltà per lingua, cultura, religione, costumi 
		e valori di vita: la civiltà greca. 
		Di questo periodo di transizione l’arte sembra farne 
		le spese; è estremamente rarefatta, povera; unica espressione di rilievo 
		è la ceramica seppur usata per impieghi pratici e utilitari. 
		Solo con il IX secolo a. C. si diffonde uno stile 
		preminente: lo stile geometrico e Atene e Corinto, concorrenti fra loro, 
		danno l’avvio ad un’arte che a partire dal VII secolo risentirà 
		profondamente dell’influsso orientale siriaco-assiro a seguito degli 
		intensi scambi e contatti tra la Grecia, le isole dell’Egeo, Rodi, Cipro 
		e Creta. 
		Preziosità di materiali, tecniche di colore, motivi 
		di animali stilizzati o di mostri intrecciati sono le caratteristiche di 
		questa esuberante fantasia orientale. 
		Nel periodo intercorrente tra il 650 a. C. e il 480 
		a. C. conosciuto anche come "periodo arcaico", l’architettura vede la 
		nascita del tempio greco eretto su una gradinata-piattaforma (stilobate) 
		a pianta rettangolare; sono frequenti le colonne sia nella parte 
		frontale che sui lati maggiori dello stilobate creando un portico tutto 
		intorno alla cella. 
		E’ un’architettura che ignora l’arco e la volta e, la 
		struttura portante, formata da colonne, ha la funzione di sostenere 
		un’architrave sulla quale poggia un tetto, a spioventi, remota 
		reminescenza del megaron miceneo. 
		E’ una struttura nuova, monumentale, imponente nelle 
		dimensioni, maestosa nelle proporzioni con la caratteristica di essere 
		più uno spazio dedicato alla divinità per salire ad essa e portare doni 
		e sacrifici, piuttosto che un luogo, raccolto, per pregare. 
		Questo tipo di struttura conosce due interpretazioni 
		diverse: l’ordine "dorico" e l’ordine "ionico".  
		Il primo prevale nella Grecia continentale, nella 
		Magna Grecia, in Sicilia; il secondo nella Ionia, ad est del Mare Egeo; 
		due sono gli elementi distintivi: la colonna con relativo capitello e 
		l’architrave. Nello stile dorico, la colonna posa, senza base, 
		direttamente sullo stilobate; si eleva più stretta in alto che alla 
		base, ha fusto scanalato leggermente più espanso nella parte centrale, 
		termina in un geometrico capitello diviso in due elementi: una specie di 
		rigonfio cuscinetto curvilineo che si espande verso l’alto, l’echino, e 
		un quadrato dado schiacciato, l’abaco, cui si appoggia l’architrave. 
		Nello stile ionico, invece, la colonna è slanciata e 
		sorretta da un’apposita base sagomata a circolari modanature; è più 
		esile e, apparentemente, più cilindrica e con maggior numero di 
		scanalature (di solito 24); il fusto è senza entasi, regge il 
		caratteristico capitello ionico costituito da un cuscino con le due 
		simmetriche volute a riccio. 
		Il secondo elemento è l’architrave. Nello stile 
		dorico esso è liscio e compatto nella parte bassa, sormontato da un 
		fregio dal ritmo nettamente scandito dall’alternarsi dei triglifi, con 
		le loro scanalature verticali, e delle quadrate o rettangolari metope.
		 
		Nello stile ionico, l’architrave, ad accentuare 
		l’orizzontalità, ha tre scansioni lievemente aggettanti l’una sull’altra 
		ed è sormontato da un fregio continuo, ornamentale, forse di origine 
		orientale. 
		Sempre il "periodo arcaico" vede la piena 
		affermazione della scultura che rivelerà il senso plastico del Greci: il
		kouros: statua ignuda di un giovanetto e la kore statua di 
		una giovanetta vestita con abito cadente e a pieghe. I kouros più noti 
		sono quelli del Museo di Atene, del Museo di Delfi, del Museo 
		Archeologico di Firenze, l’Apollo di Tenea della Glittoteca di Monaco; 
		mentre la kore più nota è l’Era di Samo al Museo del Louvre. 
		Il passaggio dal periodo arcaico a quello classico, 
		che occupa la seconda parte del V secolo e il IV secolo, non origina un 
		salto qualitativo ma un’acquisizione di maturità e di sicurezza. 
		Assai intenso è lo sviluppo architettonico anche se 
		ormai predomina il tempio dorico: il Tempio di Zeus ad Olimpia (oggi 
		completamente distrutto), il Tempio di Poseidone a Paestum, i Templi di 
		Selinunte (oggi distrutto) e di Agrigento (v. foto). 
		Il periodo classico della metà del V secolo è anche 
		chiamato: "Il secolo di Pericle" in quanto con Pericle Atene risollevò 
		il suo orgoglio con le vittorie sui persiani; fece ricostruire la sua 
		Acropoli, devastata dal saccheggio persiano, il Partendone di candido 
		marmo, ed altri monumenti inseriti nel piano urbanistico. 
		Nel IV secolo, sul finire del periodo classico, la 
		realizzazione più importante, in struttura permanente, è il teatro con 
		le caratteristiche di: ripida ascesa di gradinate, cavea semicircolare, 
		orchestra isolata dalla scena fissa.Gli esempi più eclatanti sono il 
		Teatro di Dioniso ad Atene sulle pendici dell’Acropoli; il Teatro di 
		Delfi; il Teatro di Epidauro e in occidente il Teatro di Siracusa. 
		Sempre nello stesso periodo nasce un nuovo ordine 
		architettonico, derivato dallo ionico, è l’ordine corinzio che, 
		sostanzialmente, al capitello ionico sostituisce l’alto capitello a 
		cesto di foglie d’acanto a volute angolari. 
		Con la trentennale guerra del Peloponneso Atene 
		subisce una serie di clamorose sconfitte, compresa la catastrofica 
		spedizione contro Siracusa , che segnano la fine del suo predominio e la 
		vittoria di Sparta. 
		Inizia, così, quel periodo di crisi e di anarchia che 
		avrà termine quando Filippo di Macedonia, un sovrano straniero, imporrà 
		il suo potere alla Grecia continentale, esaltando però i valori della 
		civiltà greca. 
		Anche con Alessandro il Grande l’arte greca è sempre 
		all’apice della sua fama; nel campo della scultura Lisippo tramanda a 
		noi l’Apoxyiomenos (Roma, Musei Vaticani), l’atleta che si 
		deterge con lo strigile dopo la corsa e l’Ermes seduto in riposo; 
		altre opere famose di artisti diversi sono: l’Apollo di Belvedere 
		(Roma, Musei Vaticani), la Venere di Cirene (Roma, Museo delle 
		Terme), la Venere di Milo (Parigi, Museo del Louvre), il 
		Laocoonte (Roma, Musei Vaticani), la Nike (Vittoria) di 
		Samotracia (Parigi, Museo del Louvre). 
		L’ultimo momento dell’arte greca è il periodo 
		ellenistico che inizia già prima della fine del IV secolo, nel 323 a. C. 
		con la precoce morte di Alessandro il Grande e con la dissoluzione di 
		quell’immenso impero macedone che si era allargato fino a comprendere 
		l’Egitto e l’India e che ha, indicativamente, il termine finale con 
		l’inizio dell’era cristiana. 
		Dal punto di vista artistico, sebbene i Romani 
		abbiano conquistato politicamente la Grecia, la cultura e l’arte greca 
		non subirono declini ma un’esaltazione tale da parte di Roma da 
		trasferire a Roma stessa molti maestri ed artisti greci; scriveva 
		Orazio. "… la Grecia vinta fece prigioniero il rude vincitore." 
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