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cultura: rubrica dedicata ad associazioni, biblioteche, luoghi, personaggi e festività


 

SANT’ANTONIO ABATE

Uno tra i santi che vanta una venerazione enorme in Italia è senza ombra di dubbio Sant’Antonio Abate.

Si tratta di un uomo nato in Egitto intorno alla metà del III secolo d.C.

La sua città natale è collegata all’attuale Quemar, una località posta sulla costa occidentale del Nilo.

la maggior parte delle indicazioni che ci giungono sulla sua vita provengono dall’opera agiografica Vita Antonii, risalente al IV secolo d.C.

Questa opera agiografica fu attribuita ad Atanasio, vescovo di Alessandria, che conobbe Antonio e fu un suo alleato nella lotta contro l'Arianesimo.

Antonio proveniva da una famiglia di agricoltori cristiani, in Egitto si trovò in un ambiente, quello dell’impero romano, che si accingeva ad accogliere la nuova religione senza alcun problema, anche se esistevano ancora sacche pronte alla lotta contro la nuova religione.

Rimasto abbastanza giovane orfano, nonostante avesse una sorella minore da mantenere, Antonio decise di vendere tutti i suoi averi per dedicarsi alla vita da eremita, consacrandosi esclusivamente alla preghiera, alla castità e alla povertà. Il destino della sorella, a cui venne lasciata una piccola rendita, venne messo nelle mani di una comunità femminile.

Secondo la leggenda, dopo il primo periodo di ascesi trascorso a ridosso della città, pieno di dubbi, Antonio decise di allontanarsi ancora dalla vita secolare, chiudendosi in un vecchio sepolcro. Lì, prosegue la leggenda, venne malmenato dal demonio e fu ridotto in fin di vita. Si salvò solamente grazie alle persone che venivano a portargli il cibo che decisero di metterlo in salvo nella chiesa del  villaggio più vicino.

Passando a dati più certi diciamo che Antonio decise di avvicinarsi al Mar Rosso, nei pressi del monte Pispir, all’interno di una fortezza romana abbandonata. Lì, secondo la leggenda, visse solo con del pane che gli veniva portato 2 volte all’anno, continuando comunque a subire le pressioni del demonio.

La sua fama spinse molte persone ad avvicinarsi al luogo della sua ascesi, tanto che ad un certo punto Antonio decise di rinunciare all’ascesi per aiutare e guarire le persone.

 Da qui il passo della nascita di una serie di monaci eremiti che seguivano  le scelte di vita di Antonio fu breve, tanto che si formarono 2 comunità, una ad ovest e l’altra ad est del Nilo.

La definizione di Sant’Antonio come Abate, deriva proprio dall’esistenza di questi seguaci. Tutti infatti ebbero il Santo come padre spirituale, in aramaico tradotto come “Abbà”.

Ricordiamo inoltre che la scelta di Antonio, di ritirarsi dal mondo per pregare e vivere dei prodotti della terra lavorati da lui stesso, venne poi recuperata dalla regola di San Benedetto da Norcia, il padre del monachesimo occidentale, con il suo “Ora et Labora”.

Nell’ultima persecuzione che i cristiani di Alessandria furono costretti a subire, nel 311 d. C.  risultava tra i colpiti anche Antonio, che era giunto nella grande città per confortare coloro che soffrivano per via della fede.

La sua vita povera e al servizio degli altri portò Antonio a godere di una fama di Santità quando era ancora in vita.

Salvato dalla persecuzione, anche grazie all’intercessione dell’imperatore Costantino, Antonio fu poi tra coloro che sostenevano la lotta contro la dottrina di Ario, anche se non si trovò mai in prima fila, in quanto decise di ritirarsi nuovamente nel deserto.

Morì, secondo la Vita Antonii, il 17 gennaio 357.

Nel 561 le reliquie dell’Eremita furono messe presso la chiesa di San Giovanni, ad Alessandria. In seguito alla conquista dei musulmani, le reliquie vennero messe al sicuro a Costantinopoli.

Intorno all’anno 1000 ci fu un nuovo spostamento. Le reliquie trovarono una sede presso la chiesa del paesino francese di La Motte, per poi giungere ad Arles dove anche oggi, nel 2010 è possibile venerarle.

Insieme alle reliquie arrivò in Europa un ordine di monaci curatori che si rifacevano all’insegnamento del Santo: gli Antoniani.

In Francia sorse proprio il primo ospedale dove veniva curato principalmente il “fuoco di Sant’Antonio”.

Il profondo affetto che in Italia si prova per questo Santo riuscì a far sì che le reliquie attraversassero in lungo e largo la Penisola, a partire dal 2006, anno in cui il Papa Giovanni Paolo II indisse il Giubileo Antoniano.

Il nome di Antonio è collegato anche alla malattia che ne porta il nome: il Fuoco di Sant’Antonio.

Molto probabilmente il Santo era in grado di dare sollievo a coloro che soffrivano del cosiddetto male degli ardenti, corrispondenti a 2 malattie esistenti: il virus dell’Herpes zoster e l’ergotismo, una malattia causata da un fungo.

Inoltre, secondo l’agiografia di Antonio questi, anche  da defunto, riusciva a guarire molti pellegrini che si recavano presso la sua tomba dal loro “Fuoco”.

Sant'Antonio viene riconosciuto anche come il protettore degli animali, tanto è che il 17 gennaio, il giorno in cui viene venerato, si usa far benedire gli animali dalla Chiesa.

Il rapporto con gli animali nasce dal fatto che nel caldo Egitto, gli unici ad allevare i maiali in città furono i seguaci di Antonio, gli antoniani, che utilizzavano il grasso dell’animale proprio per curare il Fuoco di Sant’Antonio.

 

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