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		 IL SANTUARIO DELLE GRAZIE
 
		
		A circa 8 km. da Mantova e inserito nel Parco del Mincio, 
		il Santuario delle Grazie si erge come un affascinante e magico luogo di 
		culto, una antica meta di pellegrinaggi fin dai primi anni della sua consacrazione 
		che risale al 15 agosto 1406 ed un luogo singolare e ricco di amore religioso. 
		Costruito, nelle forme tipiche del gotico lombardo, tra 
		la fine del ‘300 e l’inizio del ‘400 (più tardo è, invece, il lungo porticato 
		che precede la facciata, formato da tredici arcate a tutto sesto, sostenute 
		da quattordici colonne e con affreschi del tardo ‘500), il Santuario risente 
		di una sovrapposizione di stili a seguito di rifacimenti e restauri che 
		si sono susseguiti nel corso di cinque secoli. 
		Malgrado tutte le modifiche e le alterazioni - il più 
		delle volte non del tutto migliorative - il Santuario offre una suggestione 
		e un misticismo molto rari. 
		Dedicato al culto mariano e inserito in un contesto di 
		magica attrazione perché si eleva sullo spazio più alto rubato al canneto 
		del lago Superiore il quale, al passare delle stagioni, conferisce profumi 
		e colori singolari, il Santuario contiene una ricchezza straordinaria di 
		ex voto molti di grande qualità, altri di umile lavorazione. 
		Come in tutti i luoghi di culto, sono presenti anche 
		opere pittoriche di pregio e sculture di uguale valore inserite nelle cappelle 
		ai due lati della navata ma la caratteristica è incentrata sulla decorazione 
		della navata stessa in legno colorato di rosso pompeiano, sulla quantità 
		spropositata di ex voto in cera, sulla presenza di statue, ora lignee, ad 
		altezza naturale che conferiscono alla navata la parvenza di una lunga galleria 
		e su una quantità notevole di ex-voto su tavolette dedicate alla Vergine 
		(circa 130 ma erano molte di più). 
		Ben ottanta nicchie si susseguono per tutta la lunghezza 
		della navata dove, originariamente, trovavano posto altrettante raffigurazioni 
		statuarie riproducenti fatti miracolosi dovuti alla Madonna.  
		La memoria popolare sostiene che le statue originarie 
		fossero fatte di cartapesta (per poi essere sostituite con altre in legno) 
		rovinate irrimediabilmente, con il decorso del tempo, per la povertà del 
		materiale. 
		Gli studiosi, invece, assicurano che gli ex voto statuari, 
		fin dall’origine di legno e stoffe pregiate del tempo, furono sostituiti 
		o rifatti con materiali più robusti e moderni, ma molto più vili, sì da 
		contrastare l’inesorabile degrado.  
		Delle ottanta statue, oggi, sul posto se ne trovano circa 
		la metà e disposte non sempre nei siti originari; lo dimostra la non attinenza 
		delle iscrizioni (oggi in italiano volgare, nel 1400 forse in latino) sulle 
		metope poste al di sotto delle nicchie. 
		Seni, mani, cuori, organi interni del nostro corpo, bubboni 
		pestiferi (a tal proposito si ricorda che la terra mantovana fu colpita 
		più volte dal flagello della peste della fine del 1300), occhi, puttini… 
		sono disposti in ogni parte, in un tal quantitativo da ricoprire ogni spazio 
		utile quasi a dare l’impressione di formare ghirlande o eccentriche decorazioni; 
		il materiale usato è la cera, modellata il più delle volte, rozzamente e 
		dipinta con colori vivaci. 
		I ricordi popolari, tramandati da generazione in generazione, 
		affermano che la chiesa era interamente adornata di archibugi, armi di ogni 
		genere, bandiere e gonfaloni allocati tra una nicchia e l’altra e dal soffitto 
		pendevano numerosi modelli di imbarcazioni; il tutto donato alla Madonna 
		per sua intercessione o per grazia ricevuta. 
		Le statue dell’ordine superiore della grande impalcatura 
		che arreda la navata sono di una manifattura più accurata ed hanno subito 
		mutazioni e sostituzioni di poca entità cosa che, invece, non si può dire 
		delle statue dell’ordine inferiore che sono di manifattura molto povera 
		e grossolana ma non per questo meno attraenti e toccanti; più che statue 
		sembrano grossi pupazzi, goffi nelle sembianze e stupidi nelle espressioni 
		ma che infondono una intensa emozione perché figure di protagonisti di episodi 
		popolari ispirati dalla suggestione mistica. 
		E’, per esempio, il caso della statua dell’impiccato: 
		nella metopa si legge il motivo della grazia ricevuta: IO VEGGO E TEMO 
		ANCOR LO STRETTO LACCIO; MA’ QUANDO PENSO,CHE TU L’HAI DISCIOLTO. RIBENEDICO 
		IL TUO PIETOSO BRACCIO. 
		
		Oppure il caso dell’uomo condannato ad essere appeso 
		per le mani: DALLA FUNE, ONDE IN ALTO ERA’ SOSPESO, VERGINE BENEDETTA 
		IO TE CHIAMAI, LEGGER DIVENNI, E NON RIMASI OFFESO. 
		
		O di un altro impiccato: INNOCENTE T’IMPLORO E TU 
		SEI PRESTA: QUATTRO VOLTE SI FRANGE IL LACCIO INGIUSTO, PERCHE’ TUA MAN 
		L’ALTRUI FIEREZZA ARRESTA. 
		
		O, ancora, il caso di un condannato alla ghigliottina:
		PER MIO DELITTO CONDANNATO A MORTE, E INVAN DATOMI UN COLPO IL GIUSTIZIERE 
		L’ALTRO SOSTENNE POR TUA DESTRA FORTE. 
		
		E ancora di un condannato ad essere gettato dentro un 
		pozzo: FUOR D’ESTO POZZO FUSCY LIBERO E SCIOLTO COL GRAVE SASSO, CHE 
		PENDEA DAL COLLO, PERCH’ALLOR FUI DA LE TUE BRACCIA ACCOLTO. 
		
		O quella di un guerriero vicino al suo cannone: QUESTA 
		DI FUOCO RAPIDA PROCELLA PER COLEI SOLO NON PROVAI NOCENTE, CHE PUO SPEZZAR 
		DI MORTE LE QUADRELLA. 
		
		Sono solo pochi esempi che testimoniano il senso della 
		tragedia della disgrazia evitata con una semplicità disarmante ma con un 
		calore umano ardente e commovente. 
		Anche le tavolette votive disposte nel corridoio della 
		vecchia sacrestia. raccontano, con i colori ad olio o a tempera, i miracoli 
		avvenuti nel contesto della vita rurale del luogo; molte sono le vicende 
		che riguardano le malattie e lo scampato pericolo per intercessione della 
		Vergine ma non mancano anche quelle relative agli incidenti derivanti dalla 
		vita agricola come la caduta da alberi per la raccolta dei frutti, o gli 
		incidenti legati all’uso delle falci per la mietitura del grano, o le cadute 
		nei pozzi per il tiraggio dell’acqua… 
		La documentazione che se ne ricava nell’osservare le 
		scene dipinte va oltre il miracolo per il quale sono state predisposte le 
		tavolette; il messaggio principale che ne deriva riguarda gli usi e costumi 
		della campagna del ‘400, l’ambiente domestico, la foggia degli abiti contadini, 
		gli strumenti agricoli dell’epoca: il tutto inserito nella drammaticità 
		del pericolo evitato. 
		Non mancano tavolette più recenti che manifestano incidenti 
		scampati per l’uso di macchinari o di mezzi di trasporto tipici dell’età 
		moderna come le automobili. 
		Molte tavolette sono delle opere d’arte in miniatura 
		perché commissionate a pittori di talento, altre sono solo delle umili e 
		rozze espressioni eseguite a mano dai miracolati ma tutte non lesinano emozioni 
		e turbamenti. 
		Un’altra particolarità del Santuario- o forse è meglio 
		dire stranezza – è rappresentata dalla presenza di un coccodrillo imbalsamato 
		appeso al soffitto della navata. 
		La leggenda popolare vuole che due fratelli barcaioli, 
		affaticati dal lavoro e dal calore del sole, si fossero messi a riposare 
		sulla sponda di un canale addormentandosi e che uno di loro fosse assalito 
		da un coccodrillo. Il fratello dello sventurato, svegliato dalle urla riuscì, 
		armato di un coltello, ad avere la meglio sull’animale invocando il nome 
		della Vergine Maria salvando così almeno la sua vita. 
		Fu allora che decise di dedicare i resti, fatti impagliare, 
		del coccodrillo – come ex-voto – al Santuario della Madonna delle Grazie. 
		E’ una leggenda e va presa così: i mantovani la raccontano 
		con un pizzico di ironia e incredulità vista la impossibilità che nei canali 
		e nei laghi di Mantova possano essere presenti coccodrilli ma giurano che 
		:"…le vie del Signore sono infinite…". 
		
		Alla metà di agosto di ogni anno –in sincronismo con 
		quel lontano 15 agosto del 1406 quando il Santuario fu consacrato – si radunano 
		sul sagrato i "Madonnari", pittori girovaghi da marciapiede, che dipingono, 
		in grandi dimensioni e con gessetti colorati, le immagini sacre sull’asfalto, 
		talvolta riproducendo capolavori conosciuti e, talvolta, dipingendo in base 
		alla propria inclinazione. 
		La manifestazione, conosciuta in tutto il mondo, è un 
		evento suggestivo che sviluppa una forte competitività fra gli artisti ambulanti 
		ed è un richiamo turistico notevole per tutti coloro che desiderano accostarsi 
		alla storia di Mantova e dei suoi laghi.  
		Diana Onni 
		foto di Sandro Bianchi
		 
		  
		
		
		
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