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Corodia

...questa strana parola che in prima battuta può sembrare una forma contagiosa di una rara malattia cardiaca, non è altro che la derivazione dal Greco del Canto a Coro, all’unisono o all’ottava.

Il cantare nel Coro determina preventivamente una ben precisa collocazione armonica del proprio strumento, in questo caso, vocale.

Quindi possiamo suddividere la voce umana in femminile e maschile e a sua volta, la prima in soprano e contralto (rispettivamente acuta e grave) e quella maschile in tenore e basso (vocalità centrale e più profonda).

Ora abbiamo quattro timbri vocali che cercheremo di posizionare su gradini e a semicerchio, utilizzando le singole sezioni: davanti quelle femminili e dietro in alto quelle maschili.

Avendo come punto di riferimento il Maestro Direttore, guardando il Coro, avremo alla nostra sinistra la sezione dei contralti e alla destra i soprani, mentre dietro questi ultimi i tenori e dietro i contralti i bassi. Naturalmente le sezioni e le singole voci si possono miscelare e posizionare a piacimento e a discrezione del Direttore al fine di raggiungere il desiderato amalgama vocale.

Il canto corale è uno dei più difficoltosi perché necessita di un profondo, e oserei dire ostinato, senso dell’ascolto da parte di tutti i componenti il Complesso che grazie a questa fondamentale caratteristica potranno fondersi con il resto della propria sezione di appartenenza evitando il brutto, antimusicale e ahimé ricorrente difetto di emergere in solitaria. Il ruolo del solista è ben altra cosa; esso può, anzi deve distinguersi dal Coro pur rispettando le basilari norme che regolano e denotano il bel canto, a prescindere dal ruolo che si riveste sia esso solistico sia esso corale.

Tornando al canto corale, il cantore deve dunque privilegiare la collegialità pur nelle inevitabili differenze armoniche e vocali insite in ognuno di noi.

Altra difficoltà, che comunque esercita il nostro orecchio, è il dover cantare contemporaneamente melodie diverse dalle altre sezioni del Coro, con aggiunta di cambi ritmici che completano e arricchiscono il pezzo musicale.

Il cantore che proviene da un Coro è sicuramente abituato a ragionare considerando sempre chi canta al suo fianco e specie nel canto polifonico, la priorità che si richiede, è quella di dialogare tra sezioni evitando sovrapposizioni sonore non lecite, anzi dannose per chi ascolta. Ne consegue che ogni sezione, terminata la sua frase, deve attenuare in forma naturale (e non di effetto) la propria voce dando il giusto spazio alla sezione che sta dialogando con essa. Questo fraseggiare in forma continuativa e consequenziale crea quel particolare mondo della polifonia che da secoli ammalia i cuori e le menti più elette.

Altra minaccia del canto corale è il giusto fraseggio e la giusta accentuazione della parola. Può sembrare banale questa affermazione, ma è alla base del “bel canto” e del “recitar cantando”, tutti concetti che hanno reso il canto italiano esempio da seguire e termine di confronto, elementi indispensabili quanto irrinunciabili per chiunque ami la professione del canto e del canto corale.

Per concludere questa mia riflessione sul Canto nel Coro, occorre fare un distinguo tra il canto a cappella e il canto con sostegno strumentale.

È evidente che ci troviamo su argomenti e difficoltà assai differenti. Il canto corale sostenuto dallo strumento quale esso sia o quale essi siano, determina una sicurezza nel mantenere integra la tonalità del brano oltre al fatto di ascoltare sommato alle voci, la dolcezza armonica dello strumento o strumenti utilizzati, mentre nel canto cosiddetto a cappella (dove non esiste la partecipazione strumentale) la tonalità deve essere resa stabile esclusivamente dall’abilità tecnico-vocale del complesso canoro che in questo caso specifico necessita di una preparazione assai complessa dove si richiede a ciascun cantore un’attenzione estrema nell’effettuare i giusti intervalli della scala musicale in maniera esatta e prima ancora di esplicitarli con il mezzo vocale devono essere pensati con assoluta chiarezza e sicurezza.

Come si può notare la “corodia” è un’arte assai variegata e chi la pratica ne deve andar fiero e compiere un lavoro di attivo proselitismo al fine di diffondere questa gioia che scaturita dal cuore si propaghi come una vera e propria epidemia nel mondo intero.

Massimo Valentini