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VOLEVO SOLO DORMIRLE ADDOSSO

Regia: Eugenio Cappuccio;

Sceneggiatura: Massimo Lolli;

Interpreti: Giorgio Pasotti, Cristiana Capotondi, Faju, Marcello Catalano;

Montaggio: Marco spoletini

Scenografia: Stefano Giambanco;

Fotografia: Gian Filippo Corticelli;

Paese di produzione: Italia

Anno: 2004;

Produzione: Mario Sposi e Claudio Vecchio per AFA Film;

Distribuzione: Mikado.

 

Un buon lavoro, un’affascinante fidanzata, un’intera lunga vita da vivere davanti a sé: questa è l’esistenza di Marco Pressi (Giorgio Pasotti), giovane manager, impegnato nella formazione professionale dei dipendenti della società in cui lavora. Come spesso però succede, proprio quando si pensa di aver raggiunto la felicità, le cose possono cambiare sotto ai nostri occhi, prendere una piega inaspettata e assolutamente non voluta. Marco riceverà infatti inaspettatamente, un nuovo incarico, un ruolo decisamente diverso dal precedente, e che lo coglierà inizialmente impreparato: dovrà licenziare 25 tra gli impiegati dell’azienda e dovrà farlo in un tempo brevissimo. Il protagonista, ovviamente, da serio professionista qual è, prenderà molto sul serio il suo lavoro, divenendo rapidamente odiato e temuto all’interno della società.

Il tutto evolverà rapidamente davanti agli occhi di Marco, fino a ridurre, tristemente, il quotidiano del protagonista in un soffocante muro di silenzio e solitudine; sarà proprio contro questo muro che si abbatteranno presto, sia le esigenze della fidanzata (Cristiana Capotondi), sempre più esclusa dalla vita super impegnata del compagno, sia le problematiche umane ed esistenziali dei vari impiegati, eternamente sull’orlo di una crisi di nervi.

Particolarmente interessante è l’alternarsi, nel tessuto narrativo, dei ruoli di vittima e carnefice, equamente spartiti tra Marco e gli altri personaggi; lo stesso abile manager infatti, da deus ex machina, capace di decidere dell’esistenza altrui, si ritroverà ad essere l’inconsapevole capro espiatorio di un meccanismo alienante, a lui del tutto estraneo.

Funzionale e azzeccato poi l’utilizzo della macchina da presa che, indugiando insistentemente sulle espressioni e sui volti degli attori, enfatizza gradualmente il climax di tensione emotiva all’interno del film. Il titolo stesso dell’opera infine, sottolinea il tema cardine della trama, e cioè il tentativo sempre più disperato del protagonista, di riappropriarsi degli elementi di sentimento basilari della sua vita, ivi compresa l’intimità della sua storia sentimentale; sarà proprio quest’ultima in effetti, a causa del processo inarrestabile di chiusura del protagonista, a divenire una sorta di ultimo e quasi animalesco tentativo di comunicazione con l’esterno, cercato tramite una sessualità forzata e impropria.

Cappuccio, con questo film, cerca quindi di tracciare un ritratto verosimile e quanto mai spietato della posizione, sempre più estraniata ed estraniante, di queste emergenti e smarrite figure professionali, divise tra le speranze di un futuro drammaticamente incerto e le frustrazioni di un presente, fin troppo definito nella sua inutilità.

A.M.

 

 

 

 

 

 

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